di Federica Marino
(marino@rai.it)
Due mostre, anzi tre, in corso in questi giorni a Roma e a Nuoro, condividono tema e forma espressiva: nella Capitale il messicano Javier Marìn e in Sardegna il toscano Marino Marini, entrambi scultori, raccontano cavalli e cavalieri, soggetti profondamente radicati nell’arte per forza estetica e funzione storica.
Anche in questi tempi ipertecnologici, del resto, il binomio uomo-cavallo mantiene vivo il proprio significato; prestati all’uomo, la potenza e l’istinto del cavallo gli permettono imprese (cavalleresche) e traguardi altrimenti impossibili, e gli regalano la speranza di innalzarsi, in sella, sopra la condizione di debole umano.
Partita da Pietrasanta nel 2008, l’esposizione in tre parti di Marìn ha toccato le principali capitali europee e dopo Roma rientra in Messico per un’antologica dell’artista, che nei suoi lavori ha integrato molto del Rinascimento italiano. Questo è evidente nella resa dei corpi, solidi, quasi concreti e resi ancora più vivi dalla scelta della materia; non solo marmi e bronzi, per fissarli nell’attimo dinamico, ma resine colorate da essenze e dai materiali più vari, plastica per farli ancora più plastici.
Scatta il corto circuito: corpi rinascimentali, temi che attingono alla ricca cultura messicana, ancestrale e poi ispanica, materie eterogenee, per una contaminazione che appare squisitamente barocca. E barocchi, usciti da un romanzo cavalleresco, sembrano i cavalli e cavalieri apparsi sulla terrazza del Pincio. Schierati in tre file, guardano la città dall’alto, colti nel momento prima di partire alla sua conquista o forse in sua difesa: templari senza macchia, conquistadores spietati o patetici don Chisciotte?
Accanto a loro, i volti giganteschi attraverso i quali Marìn simboleggia la fine della cultura occidentale: teste monumentali di colossi antichi ormai staccate dal corpo che le sorreggeva, eppure ancora vive e aperte a nuove domande. E anche qui la contaminazione: la tecnica con cui le grandi teste sono realizzate arriva direttamente da Puebla e dall’antica cultura olmeca.
De 3 en 3 continua anche al museo MACRO Testaccio e a piazza san Lorenzo in Lucina. Nella sede della Pelanda ci sono quindici sculture di piccole e medie dimensioni; a rappresentare la condizione umana attraverso la corporeità sono di nuovo teste umane e corpi in torsione, nello sforzo fisico che è quello, anche, della vita. Il Soplador attende invece chi passa lungo via del Corso, presenza monumentale nella centralissima piazza romana.
Dal Pincio a Nuoro, dove il MAN presenta due mostre dedicate a cavalli e cavalieri. Quella principale affronta l’opera di Marino Marini, che tra gli italiani del Novecento è forse quello che più ha rappresentato questo animale. Esposte quindici sculture quasi metafisiche, in cui uomo e cavallo sembrano dialogare e con-fondersi in un movimento condiviso, e oltre cento tra disegni e grafiche, dove il dinamismo del corpo del cavallo è reso con tecniche diverse e la stessa potente efficacia. Parallela alla mostra dedicata a Marini c’è quella intitolata Post Scriptum: artisti contemporanei impegnati sullo stesso tema, a testimoniare la forte presenza del cavallo nella nostra vita culturale e ancora prima simbolica, anche nei nostri giorni dominati dalle macchine.
Javier Marìn - De 3 en 3
Roma, Terrazza del Pincio, piazza San Lorenzo in Lucina e MACRO Testaccio
Fino al 2 febbraio
Cavalli e Cavalieri – Marino Marini/ Post Scriptum
Nuoro, MAN_Museo d'arte della Provincia di Nuoro
Fino al 24 febbraio