di Nello Rega
(n.rega@rai.it)
“L’uniforme operativa” è filo conduttore dell’ edizione 2013 del calendario del Corpo Forestale dello Stato, ovvero l’insieme di capi che, in base alla stagione ed alla tipologia di attività, il forestale indossa nei servizi previsti.
E’ la prima volta che l’Amministrazione sceglie la “mimetica” per illustrare una selezione delle numerose attività svolte, con passione ed impegno, dai forestali, attraverso i volti degli uomini e delle donne che indossano e “vivono” quotidianamente la divisa. C’è chi la chiama, ancora con un po’ di nostalgia, la “Zamberletti”, ricordando la prima versione che fu adottata, anni fa, per rispondere alle necessità connesse alla nascente Protezione Civile, chi la definisce “mimetica”, sebbene sia di colore grigio e chi dispone che si indossi l’ “uniforme da campagna”, come da regolamento. Sono passati molti anni da quando il maestro F. Pellegrino, autore dell’inno della Forestale, scriveva la strofa: “Prendi il tuo sacco o Forestale, / vesti la giubba di montagna, / sali sul monte a dominare /tutta la valle e l'altipian”.
Oggi, il Corpo forestale dello Stato ha cambiato in maniera significativa la propria “missione” assumendo un ruolo centrale nella difesa dell’ambiente nell’ambito del comparto delle Forze di polizia, di pari passo con le mutate esigenze della società. Scorrendo i regolamenti che si sono succeduti dal 1948 ad oggi e sfogliando l’ideale album di ricordi che vede accomunati tutti i forestali che hanno prestato servizio nell’Amministrazione, è palese il cambiamento dell’uniforme sia nella foggia che nei materiali. Negli ultimi tempi sono state introdotte migliorie per renderla più confortevole, riconoscibile e resistente. Accanto alla cosiddetta “uniforme ordinaria”, adatta alle situazioni più formali e cittadine, l’ ”uniforme operativa” si contraddistingue per essere un capo più pratico e funzionale, adatto alle situazioni di pronto impiego. Quando si “va di pattuglia”, si entra in bosco, si svolgono i controlli e le attività di polizia giudiziaria o si è chiamati a concorrere nel soccorso di persone in pericolo o disperse, i Forestali la indossano con orgoglio e passione. Ed è con questa che si vogliono far riconoscere.
Così come tra le “nuove sfide” dei Forestali merita una nota attenta l’attività contro la falsificazione nel settore agroalimentare. Oggi, in piena globalizzazione con il rapido movimento delle merci e delle materie prime agricole a basso costo, e lo «scollegamento» del prodotto alimentare dalla sua origine e soprattutto dal suo processo produttivo, la falsificazione alimentare è diventata un fenomeno più complesso da scovare perché si basa, essenzialmente, sullo sfruttamento illecito della reputazione di una Dop e/o di una Indicazione Geografica o sulla falsificazione del Made in Italy per i mercati internazionali. Il valore di questo nuovo fenomeno illegale è in crescita, ed è stimato attualmente intorno ad alcune decine di miliardi di euro l’anno, e cresce soprattutto perché essendo la legislazione europea attuale tutta orientata a garantire il consumatore dal punto di vista della sicurezza alimentare, le pene per chi delinque in questo settore senza arrecare danno alla salute umana, sono lievi e non hanno alcun effetto deterrente, ragion per la quale il mercato nazionale, ma soprattutto internazionale è invaso dai tarocchi italiani. Le organizzazioni criminali sanno che è sufficiente cambiare l’etichetta del prodotto alimentare per ottenere enormi guadagni senza nessun attentato alla salute del consumatore e soprattutto senza incorrere nelle pene severe che sono state introdotte nell’UE all’indomani della crisi della mucca pazza. Le produzioni alimentari certificate Dop e Igp che nascono nel 1992 con l’obiettivo di tutelare la biodiversità alimentare in piena ondata di libera circolazione delle merci, sono diventate ora l’analogo della griffe del settore della moda e come queste vengono contraffatte, ma diversamente da quest’ultime il consumatore non riesce a riconoscerle quando sono taroccate. I casi della mozzarella di bufala campana prodotta con cagliate congelate piuttosto che l’olio di oliva deodorato per poter essere venduto senza difetti organolettici ancora come extravergine sono i casi più eclatanti dell’ultimo periodo, che testimoniano l’enorme giro di affari della contraffazione alimentare. Ci vuole dunque una buona conoscenza del prodotto alimentare, della sua composizione merceologica e del processo produttivo per evitare di incappare in un falso brunello di Montalcino o in un falso formaggio Asiago. Le Dop, quindi, sono una garanzia, in un sistema di commercio internazionale, che il consumatore può riconoscere, anche a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di produzione.
Sulla scia della sentenza del 26 febbraio 2008 della Corte di Giustizia UE relativa al caso “Parmesan”, che dava ragione a metà al Consorzio di tutela sulla illecita denominazione ma che non imponeva alle autorità tedesche dove si produceva il prodotto di perseguire ex officio l’illecito, il Corpo forestale dello Stato ha sensibilizzato tre anni fa le agenzie internazionali Interpol ed Europol ad aprire un desk sulla contraffazione agroalimentare all’interno dell’ufficio che si occupa dei reati in danno alla proprietà intellettuale. Ad oggi i paesi aderenti alla week of action ovvero alla “settimana operativa di controllo” che prende il nome di Operazione “Opson” sono diventati 21 e rappresentano ad oggi un valido network di agenzie di controllo e di forze di polizia internazionali che può essere immediatamente attivato quando vi sono segnalazioni riguardanti il falso Made in Italy in campo internazionale. Fondamentale in questo network è lo scambio di informazioni e soprattutto la formazione per la conoscenza dei processi produttivi dei prodotti agroalimentari, in quanto più si è lontani dal luogo di produzione più è facile ingannare i consumatori. Si trova più facilmente champagne o formaggio Feta contraffatto in Italia che in Francia o Grecia, o viceversa l’olio finto toscano in Francia.
Come difendersi dalle agro piraterie? I consigli del Corpo Forestale
• Leggere attentamente le etichette Controllare la denominazione di vendita, il luogo di produzione, in particolare per i prodotti che riportano la lista degli ingredienti, verificare la data di scadenza o attenersi alle indicazioni relative al consumo entro la data riportata sulla confezione. • Prestare attenzione alla provenienza del cibo Occorre ricordarsi sempre che le indicazioni dei luoghi geografici in etichetta sono consentite solo se siamo di fronte ad una Denominazione di Origine Protetta (DOP) o ad una Indicazione Geografica Protetta (IGP). La differenza fra una DOP e una IGP sta nel fatto che per un prodotto DOP tutta la filiera produttiva a partire dalla materia prima avviene in una determinata zona geografica a differenza della IGP. Ad esempio la mortadella di Bologna IGP può essere prodotta solo in Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia, Veneto, Provincia di Trento, Toscana, Marche e Lazio, ma non c’è alcuna regola sulla provenienza delle carni. Stessa cosa per la bresaola della Valtellina (IGP).
• Conoscere le regole e il processo di produzione dell’alimento Per esempio, i prodotti lattiero caseari non DOP e IGP non hanno alcuna regola prestabilita sulla tipologia di latte da utilizzare. La mozzarella può essere prodotta anche non utilizzando il latte, basta “riavvivare” la cagliata (latte coagulato) congelata o refrigerata, in acqua calda, aggiungere sale e, se necessario, acido citrico, filare l’impasto e infine raffreddare e confezionare. Il sistema è veloce, non si usa il latte e i costi di produzione oscillano da 3,0 a 4,0 €/kg, che raddoppiano nel listino al dettaglio. La normativa vigente non obbliga le aziende a riportare sulle etichette l’indicazione di origine delle materie prime e nemmeno l'obbligo di precisare l'impiego di cagliate. Sull’etichetta dovrebbero essere indicati infatti i seguenti ingredienti: "cagliata, acqua, sale, - seguiti dagli additivi: - acido citrico, lattico e, se presente, sorbato di potassio". Tuttavia, poiché la legge non obbliga ad indicare il termine “cagliata”, raramente questa parola compare tra le diciture in etichetta. Il prodotto non ha il sapore tipico di fresco, il colore può tendere maggiormente al giallo la struttura è meno “succosa” e, se si usa cagliata conservata da molto tempo, la mozzarella ha più il sapore del formaggio che non di latte fresco. In Italia è vietato ricostituire il latte ed utilizzarlo per la produzione di formaggi negli altri paesi UE no. In alcuni casi i formaggi a pasta filata usati nelle pizzerie hanno tutte la forma di parallelepipedo e sono utilizzate da molti pizzaioli perché contengono meno acqua. Quelle finte sono ottenute con cagliate refrigerate o congelate, miscelate con proteine del latte in polvere e in qualche caso con formaggio fuso e costano meno per via degli ingredienti meno pregiati. Per evitare problemi legali sulle etichette non compare la parola mozzarella, ma solo nomi di fantasia come “pizzetto”, “pizzottelo”, “pizza fast”, “pronto pizza”
• Fare attenzione al rapporto qualità/prezzo Un prodotto biologico e/o Dop costa di più perché prima di andare in commercio viene analizzato ed costi sono a carico del produttore. Un olio extravergine acquistato al prezzo di tre euro vale tre euro. Un litro di vino acquistato al prezzo di un euro vale un euro.
• Non farsi ingannare dai claims in etichetta Il burro light non esiste e l’olio vegetale leggero, fragrante e robusto lo stesso. L’olio a bassa acidità non ha alcun significati da punto di vista organolettico in quanto l’acidità di un olio non è percepibile dai nostri sensi
• Conoscere le differenze all’interno della stessa categoria merceologica Ad esempio fra vino da tavola e vino DOC e/o fra olio di oliva e olio extravergine di oliva • Il termine “Made in Italy” nel settore alimentare non significa che la materia prima è italiana
• Evocare una indicazione geografica quando il prodotto non proviene dalla zona dichiarata in etichetta quando non è un comportamento illecito perché il marchio è registrato è quantomeno ingannevole, Trasimeno, Santa Sabina, sono marchi ingannevoli.
• Bisogna sempre segnalare le anomalie riscontrate agli organi di controllo
I consigli per i conusmatori 1. Leggere sempre l’etichetta dei prodotti alimentari e il cartello degli ingredienti esposto negli esercizi pubblici; 2. controllare la data di scadenza del prodotto al momento dell’acquisto e rispettare il termine di consumo consigliato sull’etichetta; 3. seguire sempre le istruzioni per l’uso indicate sulle confezioni, soprattutto le modalità di conservazione, dal momento dell’acquisto sino a quello del consumo; 4. ricordare che tutti gli ingredienti utilizzati sono indicati sull’etichetta e sono elencati in ordine decrescente di quantità presente nel prodotto; 5. ogni additivo (conservante, colorante, ecc) autorizzato dall’Unione Europea presente nel prodotto è indicato sull’etichetta con la lettera E seguita da un numero; 6. mantenere sempre i prodotti refrigerati e quelli surgelati alla temperatura indicata sull’etichetta e collocare i cibi nel frigorifero o nel congelatore nel più breve tempo possibile dopo l’acquisto. Inoltre per ogni segnalazione di illecito o per avere informazioni in tema di sicurezza agroalimentare telefonare al numero di emergenza ambientale 1515 del Corpo forestale dello Stato.
>> Il calendario 2013