di Rita Piccolini
La sopravvivenza come valore in sé. Le considerazioni finali del professor De Rita alla annuale presentazione del rapporto sulla situazione sociale del Paese nel 2012 indicano una strada da seguire, l’unica al momento, quella di chi con tenacia, sobrietà e voglia di rimettersi in gioco riesce a sopravvivere e a farcela nonostante tutto. In una situazione economica di crisi planetaria sopravvivere è già un successo, perché non è un “tirare a campare”, ma “vivere sopra”. Chi sopravvive ha una forza superiore, che travalica la realtà.
Nel momento più nero della crisi, nel 2011, chi non ha avuto paura di non farcela? Così s’interroga De Rita. Imprese a rischio di fallimento. Crolli economici che nel 2011 hanno fatto registrare il più alto numero di suicidi tra gli imprenditori travolti dai debiti, famiglie con anziani da accudire e figli disoccupati, tutte le certezze (il lavoro, la casa, i risparmi) messe in discussione a causa di logiche distanti, sopranazionali, irraggiungibili, apparentemente immodificabili. Condizionati da fenomeni “enormi”:la speculazione finanziaria internazionale, la crisi dell’euro, l’impotenza dell’apparato europeo. Angosciati da “eventi estremi”: la dinamico dello spread e il pericolo del default. Chi non ha provato un senso di smarrimento? Si chiede De Rita. Chi non ha percepito dolorosamente la perdita di sovranità? Chi, scherza il professore per sdrammatizzare, poteva immaginare di avere a che fare in qualche modo psicologicamente con Goldman Sachs? Nei primi anni della crisi, che è partita dagli Stati Uniti nel 2008, non si è compreso che la crisi era diversa, terribile perché planetaria, ingovernabile. Contro questo tipo di crisi potente e inattesa non era più sufficiente l’atteggiamento positivo che aveva aiutato gli italiani nelle situazioni di crisi precedenti, quel “io posso” come atteggiamento vincente venuto a soccorrere sempre, bene o male, nei momenti di difficoltà. Abbiamo capito cosa vuol dire stare sull’orlo dell’abisso. Il 2011 è stato un anno terribile, di paura e di disimpegno.
Ma siamo ancora qua a raccontarcelo, quindi qualcosa è successo spiega De Rita. Nel 2012 abbiamo fronteggiato il pericolo, ci siamo messi in discussione, ci siamo ricollocati. Questo non significa che “il peggio non potrebbe tornare” e che si sia usciti del tutto dal guado. Ma siamo sopravvissuti e questo è un segnale di reazione. La recessione c’è e non se ne uscirà a breve, nonostante ciò il corpo sociale reagisce. Le difficoltà economiche delle famiglie sono notevoli. Il dati del rapporto parlano chiaro. C’è stato un vero e proprio “smottamento del ceto medio”, alimentato dal disagio dei giovani, dalle giovani coppie, dalle famiglie degli immigrati. Si vendono i gioielli di famiglia, si cerca il risparmio ad ogni costo, si rinviano le spese. Nonostante ciò, afferma il presidente del Censis :”C’è voglia di dire che in fondo ce la stiamo facendo. Guardiamo avanti”.
Ci sono stati due grandi motori a spingere per la sopravvivenza. Da una parte abbiamo fatto ordine. Ci siamo affidati a un governo di tecnici che hanno chiesto grandi sacrifici e, pur con qualche mugugno, abbiamo obbedito. Il rigore quindi, e un solo motto :”Ordine nei conti pubblici”. Dall’altra parte la sopravvivenza vera e propria delle persone che si sono riposizionate. Nel rapporto vengono segnalati importanti cambiamenti di mentalità, indispensabili per affrontare le difficoltà economiche e sociali . Pur mantenendo saldi alcuni valori tradizionali, come la sobrietà e la pazienza, la funzione suppletiva della famiglia ai buchi della copertura del welfare, la solidarietà e l’associazionismo (nel rapporto si parla di “restanza”, traduzione della “restance” di Jacques Derida che indica la conservazione nei momenti di pericolo di ciò che funzionava nel passato), gli italiani hanno cominciato a capire ad esempio che lo studio deve essere finalizzato al lavoro. La laurea comincia a non essere più percepita come strumento di riscatto sociale, com’è stato fino a pochi anni fa, ma come specializzazione finalizzata alle professioni. In questo senso vanno interpretati i dati relativi al graduale abbandono delle facoltà umanistiche e i primi segnali di ritorno agli istituti tecnici e professionali. C’ è anche un modo diverso di consumare, anche attraverso l’e-commerce e la formazione di gruppi d’acquisto, e c’è molta informazione e consapevolezza. C’è maggiore attenzione al territorio e un rinnovato interesse per la “green economy”. Cambiano le strategie delle imprese le cui esportazioni calano in Europa, ma aumentano in Turchia, Giappone, mondo asiatico in generale, Brasile. Cambiano anche i settori produttivi: meno “made in Italy”, escluso il settore alimentare, più alta e media tecnologia con sviluppo dei settori della farmaceutica, della chimica e della metallurgia. Regge l’economia cooperativa che registra un timido +2,8% nell’occupazione. Reggono meglio le imprese al femminile e quelle dei giovani legate al web. Si cerca un modo virtuoso per sopravvivere e la risposta della società è energica, non più di paura, piuttosto di rabbia.
Rabbia soprattutto contro la corruzione, contro lo spreco di denaro pubblico, contro l’evasione fiscale. In Europa il 29% delle persone è stato vittima di episodi di corruzione, in Italia il 46%. Cresce l’antipolitica.Ma è necessario che le istituzioni e la realtà sociale camminino insieme e trovino punti di incontro per il rilancio del Paese. Aumenta la distanza tra le forze politiche e la gente , mentre serve “un punto in cui governo e popolo abbiano un contatto”. “C’è una piccola maledizione in questo – osserva De Rita- chi sta nella logica di governo e nelle istituzioni non sente la dinamica che sta nel paese e non dà riposte. Invece serve un punto anche simbolico di unità da cui ripartire. Non serve un governo che pascoli se stesso, né un paese fatalista che dica solo sopravviverò”.
Il professor de Rita era stato tentato di chiudere idealmente il rapporto con una citazione di Lévinas, proposito da cui ha però desistito. Ma nell’incontro al Cnel ce la racconta e quindi le sue considerazioni non possono che concludersi con le parole del filosofo stesso:”Credete profondamente nella vita e sopravvivete. Io ovunque sia vi sorriderò”. E’ un buon augurio.