L'intervista


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Le due opzioni di Berlusconi

Gli scenari dopo la vittoria di Bersani. Parla Mario Sechi, direttore del Tempo

di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)

Le primarie del centrosinistra, con la vittoria di Bersani, hanno in qualche modo offerto a Berlusconi un motivo per non dare il via ad Alfano?
Più che le primarie il risultato delle primarie del centrosinistra. Le primarie in realtà hanno dimostrato che l’idea di gestione del partito come l’abbiamo vista finora nel centrodestra non può funzionare più. Il partito carismatico è finito. Quello che vediamo è un residuo di quella stagione. E non c’è niente di male in questo. Il problema è che non si riesce, per volontà di Berlusconi, a fare la transizione.

Qual è allora il tuo pronostico per le prossime ore? Che deciderà Berlusconi?
Non so cosa deciderà. Ma posso dire che Berlusconi ha due opzioni: provare a costruire un rassemblement di centrodestra, lanciando bene Alfano e facendo fare anche le primarie, oppure rompere tutto, fare la sua lista, affrontare sicuramente una scissione, non pilotata da lui, ma una scissione vera del partito, e raccogliere dei voti, che però non gli consentiranno di fare niente, perché sarebbe comunque un’operazione meramente difensiva. Tieni presente che c’è l’ipotesi di far cadere il governo.

Al momento però, questa indecisione non ha aiutato molto il centrodestra in termini di consenso, in vista delle prossime elezioni
Diciamo che ci sono ampie probabilità che il centrosinistra vinca le elezioni. Che poi però vinca anche la sfida del governo è un altro paio di maniche. Ma ci sono due grandi incognite: la prima è l’astensionismo e la seconda è quanti voti prende Grillo. Questo cambia molto qualsiasi previsione, perché se Grillo prende due cifre, con un 2 davanti, l’ago della bilancia si sposta. E se gli astenuti restano delle dimensioni che sono ora nei sondaggi, anche questo incide sul risultato finale. Quindi, le primarie hanno fatto bene al Pd, sta andando forte nei sondaggi, è favorito nella vittoria e deve mettere su una squadra di governo. Dall’altra parte c’è un centrodestra diviso, con la possibilità per Berlusconi, vista l’elezione a candidato premier di Bersani, di riscendere in campo. Probabilmente arriverà una divisione del centrodestra, non credo consensuale. Ne consegue che con un’opposizione probabile a destra si dovrà fare quella che io da tempo chiamo “la traversata nel deserto”.

E la legge elettorale?
Berlusconi vuole votare con il “porcellum”. Il centrosinistra non lo dice ma a questo punto gli converrebbe, perché gli assicura la governabilità e con questi numeri gliela dà anche al Senato. Però, ripeto, la variabile Grillo è molto grande.

Torniamo al centrosinistra. Che peso avrà nel Pd il 39% di Renzi alle primarie?
Mi pare che Bersani abbia già cominciato a lavorare per l’inclusione di Renzi. C’è da fare una campagna elettorale nazionale. Dopo di che si apre la partita del governo. Credo che Renzi non voglia accettare un ministero. Tuttavia, se io fossi in lui, questa ipotesi la valuterei. Per una semplice ragione: che una partita di governo fa emergere ulteriormente i leader. E’ vero che lui è il sindaco di Firenze, ha sempre detto che vuole mantenere il governo della città, ma è altrettanto vero che i treni passano e ogni tanto bisogna pure salirci, no? Il ragionamento opposto è invece: Renzi ha 37 anni e ha tempo. Sì però il tempo fugge ed esiste una cosa che è il “carpe diem”. Questo principio vale sempre nella vita e ancora di più, a mio avviso, nella politica. In realtà l’agenda e i tempi dettano le cose un po’ a Bersani e un po’ a Renzi.

Ma Renzi è un progressista, un moderato o un liberale?
Renzi è un laburista, un laburista “blairiano”. Ovviamente noi in Italia arriviamo con anni di ritardo e al “blairismo” la sinistra è arrivata un po’ con Renzi, anche se ci aveva già provato Veltroni a dire il vero. Prima però che questo si radichi nella società italiana, nella sinistra italiana soprattutto, ci vuole del tempo. Ma si è cominciato e questa è una cosa positiva. Si è cominciato cioè un processo di trasformazione sia della base elettorale del centrosinistra, sia delle idee.