di Rodolfo Fellini
(r.fellini@rai.it)
Se la destra italiana stenta a ritrovare la compattezza di un tempo in vista delle elezioni politiche della prossima primavera, quella francese non se la passa meglio, anzi. L’Ump, il partito unico della destra di governo, che fu di Chirac e Sarkozy, sembra aver avviato un processo di rifondazione irreversibile, e l’esperienza di una destra unitaria rischia seriamente di tramontare per sempre.
La crisi della destra d’Oltralpe è iniziata con la ricandidatura alla presidenza della Repubblica di un Nicolas Sarkozy logorato da un costante calo di consensi. Il dibattito interno, che avallò la sua conferma, mostrò le prime crepe di un movimento in cui già si parlava della successione del leader. La peculiarità della politica francese, e dell’Ump in particolare, è quella di far quadrato attorno a un uomo forte. E’ così dai tempi di Charles de Gaulle, padre fondatore della Quinta repubblica, che fa della Francia un regime parlamentare ma assegna ampi poteri al presidente. L’Ump rispecchia fin dalla sua genesi la politica dell’uomo forte: essa nasce infatti dalla fusione e/o affiliazione di diversi partiti e movimenti di centro e di destra come “Unione per la maggioranza presidenziale”, per sostenere la candidatura di Jacques Chirac all'Eliseo nel 2002. La successiva trasformazione della sigla Ump in “Unione per un movimento popolare” non ha snaturato il partito, improntato a una forte dialettica interna dove, tuttavia, la linea del capo finisce quasi sempre per prevalere. Chirac ha seguito alla lettera la lezione politica di de Gaulle, mantenendo inalterata la valenza sociale del gollismo, ma poi Sarkozy se ne è in parte distaccato e ha condotto la sua presidenza all’insegna di uno spregiudicato riformismo liberale, che è stato fonte di più di un mal di pancia in seno al suo partito.
I nodi del conflitto che sta erodendo l’Ump dal suo interno vengono definitivamente al pettine subito dopo la prevedibile sconfitta alle presidenziali. Nicolas Sarkozy annuncia il ritiro a vita privata e dà il via alla contesa tra i due “pesi massimi” dell’Ump, il 48enne emergente segretario generale del partito Jean-François Copé, e il 58enne primo ministro uscente, François Fillon. Il primo ha un passato di portavoce di Chirac e rientra nella più pura tradizione gollista, mentre il secondo, che nell’ultimo quinquennio è stato il braccio destro di Sarkozy, è ritenuto il successore naturale dell’ex presidente. Subito dopo la sconfitta elettorale, Copé autorizza la nascita delle correnti interne al partito, favorendo in qualche modo l’avvio della frammentazione, e annuncia la propria candidatura alle primarie che nomineranno il nuovo presidente dell’Ump. La posta in palio è altissima, poiché la leadership del partito rappresenta una candidatura alle presidenziali del 2017. Una campagna elettorale infuocata scompagina le cose e finisce per invertire i ruoli, mostrando agli elettori i nuovi equilibri interni al partito. Fillon prende le distanze dall’ex presidente, punito dalle urne, mentre Copé ne rivendica fieramente l’eredità. Il 18 novembre scorso, le urne decretano una sostanziale parità: 50,03% per Copé, 49,97% per Fillon. Quest’ultimo, sentendosi defraudato dal rampante rivale, non ammette la propria sconfitta. Tra i due parte un braccio di ferro a suon di denunce di brogli, che la stampa d’Oltralpe non esita a definire “psicodramma”. Un secondo conteggio delle schede, alcuni giorni dopo, conferma la vittoria di Copé, stavolta con un margine leggermente più ampio: 50,28% contro 49,72%. Fillon contesta anche questo secondo verdetto. Interviene Sarkozy, e i contendenti si accordano per indire nuove primarie. Poco dopo, però, Fillon e i suoi danno vita a un gruppo parlamentare distinto da quello dell’Ump, creando le premesse per una scissione. L’ex premier si rifiuta a priori di osservare le norme transitorie che Copé, da segretario generale, dovrebbe proporre per gestire la fase del vuoto di potere, e assicura che i suoi torneranno a confluire nel gruppo Ump non appena saranno indette nuove primarie, garantite da un “comitato indipendente”. A questo punto Copé, urtato da un Fillon che “ha superato ogni limite”, fa dietrofront sull’ipotesi di un ritorno alle urne e decreta come “impossibile” lo svolgimento di nuove primarie. E per finire, i “non allineati”, coloro cioè che non si ritrovano né con l’uno né con l’altro, minacciano la creazione di un terzo gruppo parlamentare..
Non è la prima volta che due personalità di spicco della destra francese danno vita a duelli al fulmicotone. L’ex premier Dominique De Villepin fu protagonista di un’aspra lotta nelle aule dei tribunali contro Jacques Chirac, e le antiche ruggini tra quest’ultimo e Sarkozy sfociarono nel clamoroso appoggio di Chirac al socialista Hollande durante l’ultima campagna presidenziale. Ma quanto sta accadendo oggi mostra in maniera impietosa i limiti del progetto stesso che incarna l’Ump. La destra moderata sociale, di ispirazione gollista, che fu di Chirac e oggi di Fillon, fa sempre più fatica a convivere con quella “destra spregiudicata” di cui Sarkozy è stato il migliore interprete e Copé l’erede. La stessa campagna per le presidenziali è stata aspramente criticata, poiché ha cavalcato i temi cari all’estrema destra e ha ulteriormente polarizzato il dibattito politico in una società, come quella francese, ricca di sfumature. Intanto il Front National, storico e granitico interprete dell’estrema destra, assiste impassibile al “teatrino” per la leadership nell’Ump. D’altronde, Marine Le Pen lo disse chiaramente dopo il primo turno delle presidenziali: “L’unica destra siamo noi, da oggi cominciamo a lavorare in prospettiva delle presidenziali del 2017”. I dati sul tesseramento, negli ultimi 15 giorni, sembrano darle ragione.