di Federica Marino
(marino@rai.it)
Roma guarda a Oriente, di questi tempi, grazie a due mostre ospitate al Complesso del Vittoriano e dedicate rispettivamente all’arte albanese e greca, in una coincidenza geografica che apre la porta a nuove visioni, oltre la latitudine e le categorie correnti dell’arte e della geopolitica.
Albania: un passato glorioso, dagli Illiri alle lotte per l’indipendenza contro gli ottomani dell’eroe nazionale Skanderbeg, dall’indipendenza cento anni fa al quarantennio comunista. E gli albanesi, tre milioni più la diaspora dei nuovi poveri arrivati (anche) in Italia su barconi stracarichi e insicuri, dopo la caduta del Muro.
Scatti da un Paese al di là dell’Adriatico, vicino eppure lontano, cartoline di un album che racconta storie antiche e moderne, pezzi di un puzzle da ricostruire con quello che c’è e quello che c’è stato. Diversi pezzi si trovano in Tesori del patrimonio culturale albanese, che porta al Vittoriano oltre centocinquanta reperti, manufatti ed opere distribuiti lungo il periodo dalla preistoria al sedicesimo secolo.
Al crocevia tra Oriente e Occidente, che per posizione geografica è l’Albania, si sono incontrati due mondi e tante civiltà e la mostra di Roma ne è la testimonianza: si parte dal Neolitico per arrivare ai numerosi manufatti e oggetti di uso risalenti all’epoca greca e poi romana ed ellenistica.
Il percorso cronologico prosegue lungo l’Alto Medioevo e si conclude con Onufri, artista e religioso emerso dall’oblio nel ventesimo secolo e che nel Cinquecento innovò l’arte sacra delle icone con realismo e tocchi occidentali dovuti forse a un soggiorno a Venezia. Una ricca carrellata alla ricerca delle radici europee dell’identità albanese e allo stesso tempo la storia degli antichi e profondi rapporti tra Albania e Italia, ancora oggi attuali.
Grecia: radice portante della cultura europea e teatro della crisi dell’Europa di oggi, in uno scivolamento culturale ancora più marcato negli ultimi mesi di congiuntura. Un ulteriore effetto di spaesamento può venire dalla mostra Ellenico Plurale, che porta a Roma ottantotto opere della collezione ateniese Sotiris Felios.
Creata nei primi anni Novanta dall’avvocato che le dà il nome, raccoglie opere di artisti greci contemporanei, in un’operazione di recupero del passato attraverso il presente, scientemente condotta dall’ideatore. “Credo che nella vita tutti abbiamo il problema dell’identità e cerchiamo conferme alla consapevolezza che abbiamo di noi e alla nostra autostima”, dice Felios presentando la collezione, e aggiunge: partire dalle proprie radici geografiche può essere il modo per ritrovarsi, andando a riallacciare passato e presente.
Difficile e obbligato, per chi fa arte oggi in Grecia, fare i conti con un passato tanto pesante, e ancora di più nello specifico della mostra romana, il cui tema conduttore è la figura umana. Idealizzata dagli antichi secondo il mito del “kalòs kagathòs” (bello e buono coincidenti), essa è centrale nella ricerca dei moderni, che attraverso la sua raffigurazione esplorano proprio il problema dell’identità, personale, di popolo, di artisti. Rappresentato con dettagli di precisione fiamminga o coloriture oniriche che scivolano nel mito, altro monolito-totem della cultura greca e occidentale, il corpo umano diventa la tela su cui si tratteggia la nostalgia del passato perduto, in ritratti che sono riflessi di chi dipinge e di chi guarda.
Tesori del patrimonio culturale albanese, fino al 6 gennaio 2013
Ellenico Plurale, fino all’11 gennaio 2013
Roma, Complesso del Vittoriano