di Maurizio Iorio
(maurizio.iorio@rai.it)
Led Zeppelin – Celebration Day (Atlantic)
Se questo doveva essere l’addio addio definitivo dei Led Zeppelin, non ce ne poteva essere uno migliore. Non come quando, al festival di Knebworth del ’79, annunciarono il ritiro dalle scene con un concerto spettacolare, salvo poi rimangiarsi la parola data. E allora c’era il povero John “Bonzo” Bonham. La band inglese, ormai ultrasessantenne ( a parte Bonham Jr.), ha virtualmente (ri)chiuso la carriera il 10 dicembre del 2007 alla O2 Arena di Londra. Tanto per non far passare invano quarant’anni. E siccome è quasi Natale, ecco i pacchi dono: “Celebration Day” è il riassunto sonoro e visivo di quella serata, doppio cd e doppio dvd. Di quelli da antologia, che non rimangono a prendere polvere sugli scaffali. Perché saranno usati anche dai nostri figli e dai nostri nipoti, da qui all’eternità, Maya permettendo. Non è un caso che Robert Plant e compagni siano una delle band del passato più amate e seguite dai ventenni di oggi. Hanno scritto pagine memorabili, vergate su vinili imperdibili. Basta riascoltarle, anche a distanza di anni, e tutto quello che segna il presente diventa improvvisamente privo di signiificato. Emozionante la versione stiracchiata di uno dei brani più strappamutande di sempre, “Since I’ve been lovin you”, o l’inarrivabile “Stairway to heaven”, per scrivere la quale Plant ha confessato di averci messo un anno. E poi “Kashmir”, che dire? Canzoni che rieseguite dal vivo e rilucidate nei punti giusti, brillano e odorano di caldo come il pane appena sfornato. Plant ha perso un’ottava, ma ha un’età e le corde vocali non durano per sempre. Però evita di arrampicarsi sulle note, le sue verticalizzazioni sonore sono meno ardite, ma i tempi, il mestiere, il feeling, la sensualità, sono quelle di sempre. Jimmy Page tira fuori dalla sua Gibson i riff storici, inconfondibile marchio di fabbrica del Dirigibile, senza sbagliare una nota che sia una. John Paul Jones puntella il ritmo con il suo basso come un consumato metronomo. Infine Bonham Jr., uno dei pochi musicisti di seconda generazione che non ha fatto rimpiangere l’augusto genitore, picchia sui tamburi senza botte di narcisimo megalomane. Qualche titoli? Whole lotta love, The song remains the same, Rock & roll, Black dog, Ramble on. Basta ed avanza per impacchettare “Celebration Day”e metterlo sotto l’albero. Con la tentazione di scartarlo prima.
Ac/Dc – Live at the River Plate (Sony)
Operazione simile a quella dei Led Zeppelin è “Live at the River Plate” degli australiani Ac/Dc, vent’anni dopo il loro ultimo album dal vivo, “Live”, registrato nel 1991 nel corso del “The razorz edge tour”, che vendette svariati milioni di copie in tutto il mondo. Anche questo concerto non è recentissimo. Risale al dicembre del 2009, quando la band dei fratelli Young tenne tre affollatissimi show allo stadio River Plate di Buenos Aires, per il modico parterre di 200mila spettatori. Nel maggio del 2011 è uscita la versione video, ed ora ecco quella audio, ben 19 pezzi su due cd. Anche se gli Ac/cd non hanno avuto lo stesso impatto degli Zeppelin sulla storia del rock, perché portano pochi, ma decisivi anni di ritardo sullo start up, bisogna dire che quando si tratta di picchiare duro non ce n’è per nessuno. E’ per questo che il loro pubblco non è formato da impiegati di banca prossimi alla pensione, ma da torme di ragazzini che sanno scegliere fra chi picchia come un fabbro e basta, e chi dal martello e l’incudine tira fuori anche delle melodie. Anche in questo caso, come sopra, bel poco da dire. Show travolgente, con tutti i cavalli di battaglia nella tracklist: T,N.T., Whole lotta rosie, Let There Be Rock, Highway To Hell, For those about to rock, The jack. Pacco dono, magari come seconda scelta.