Taranto chiude


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Ilva: a casa in 5mila, interviene Monti

Palazzo Chigi convoca parti e istituzioni locali per giovedì i

Alla fine arriva l'annuncio che tutti temevano: lo stabilimento Ilva di Taranto chiude. Cinquemila lavoratori vanno a casa, da subito. L'azienda reagisce ai provvedimenti decisi dalla Magistratura, che ha disposto sette arresti, tra cui quello dell'amministratore delegato Fabio Riva, irreperibile, mentre sono indagati il presidente Bruno Ferrante e il direttore generale Adolfo Buffo. Arriva anche il sequestro di tutta la produzione degli ultimi quattro mesi.

Si mobilitano immediatamente i sindacati, con Fim, Fiom e Uilm che chiedono l'intervento del premier Mario Monti. Anche in questo caso, la reazione è pronta. Giovedì 29 alle 15 il governo ha convocato a Palazzo Chigi una riunione con le parti sociali e le istituzioni locali sul caso Ilva, annuncia Palazzo Chigi via Twitter. Per il governo, interviene anche il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. ''Dobbiamo verificare se la decisione presa oggi dalla magistratura è in conflitto con il risanamento che sta procedendo attraverso l'Aia'', dice da Venezia, ricordando che ''la seconda parte dell'Aia è stata avviata oggi e il provvedimento non prevede fermate se non per il processo di risanamento e non pone problemi ambientali''.

Una tesi che riprende anche Confindustria, per denunciare che la chiusura dell'Ilva "sarebbe un evento gravissimo per tutto il sistema industriale italiano, conseguente ad un vero e proprio accanimento giudiziario nei confronti dell'azienda". Secondo l'associazione degli industriali, infatti, "c'è una contraddizione evidente tra il percorso delineato dall'Aia, sul quale l'Ilva stava lavorando seriamente con ingenti investimenti, e le decisioni della magistratura".

FERRANTE, NON HO INTENZIONE DI DIMETTERMI
La giornata, con la cronaca giudiziaria che si mescola a quella industriale e sindacale, è scandita da una escalation rapida degli eventi. Le notizie che la innescano arrivano dalla Procura di Taranto. Gli uomini della Guardia di Finanza eseguono sette arresti in Puglia e in altre regioni nei riguardi dei vertici della societa' e di politici e funzionari pubblici. Il carcere attende, tra gli altri, anche l'Ad dell'Ilva Fabio Riva, che risulta irreperibile. L'accusa, a vario titolo, e' di associazione per delinquere, disastro ambientale e concussione.

Nella stessa inchiesta sono indagati il presidente dell'Ilva Bruno Ferrante e il direttore generale dell'azienda, Adolfo Buffo. Ferrante reagisce subito. ''Non ho alcuna intenzione di rinunciare all'incarico di Presidente di Ilva, assunto nel luglio scorso. Le contestazioni che mi sono state rivolte dal Pm di Taranto appaiono inconsistenti e strumentali".

Ferrante, quindi, assicura di voler proseguire nel suo compito "nell'interesse dei tanti lavoratori e dell'Azienda, convinto sempre che è possibile e doveroso coniugare ambiente, salute e lavoro". L'azienda che rappresenta, però, prende una decisione che ritiene inevitabile e che può essere definitiva. Il provvedimento di sequestro deciso dal gip di Taranto ''comporterà in modo immediato e ineluttabile l'impossibilità di commercializzare i prodotti e, per conseguenza, la cessazione di ogni attività nonché la chiusura dello stabilimento di Taranto e di tutti gli stabilimenti del gruppo che dipendono, per la propria attività, dalle forniture dello stabilimento di Taranto''.

IL GIP DI TARANTO, DA AZIENDA NONCURANZA PER DANNI AMBIENTE E SALUTE
Ilva continua a ribadire ''con forza l'assoluta inconsistenza di qualsiasi eccesso di mortalità ascrivibile alla propria attività industriale, così come le consulenze epidemiologiche", sempre secondo l'azienda, "inequivocabilmente attestano''. L'azienda, poi, ricordando che lo stabilimento di Taranto è autorizzato all'esercizio dell'attività produttiva dalla nuova Aia e sostenendo che il provvedimento di sequestro emesso dal gip di Taranto "si pone in radicale e insanabile contrasto rispetto al provvedimento autorizzativo del ministero dell'Ambiente'', annuncia che proporrà ''impugnazione avverso il provvedimento di sequestro e, nell'attesa della definizione del giudizio di impugnazione, ottempererà all'ordine impartito dal gip di Taranto''.

Diametralmente opposte le valutazioni della Magistratura, sia sul piano del rapporto fra tutela della salute e prospettiva industriale, sia sulle responsabilità accertate. Per il primo aspetto, afferma il procuratore capo della Repubblica del tribunale di Taranto, Franco Sebastio, "il diritto che non accetta contemperamenti o compressioni di sorta è il diritto alla vita e quindi alla salute perché, come dice il giudice mutuando quello che noi diciamo da sempre, di fronte a un fondamentale diritto tutti gli altri devono cedere il passo anche il diritto al lavoro", .

Quanto alle responsabilità storiche dei vertici aziendali, scrive il gip del tribunale di Taranto Patrizia Todisco nell'ordinanza di custodia cautelare, "non possono non risultare pienamente fondate e, in quanto tali, integralmente condivisibili" le considerazioni dei pm secondo le quali "la gestione del siderurgico di Taranto è sempre stata caratterizzata da una totale noncuranza dei gravissimi danni che il suo ciclo di lavorazione e produzione provoca all'ambiente e alla salute delle persone".

SINDACATI, GOVERNO DICA SE VUOLE SALVARE PATRIMONIO INDUSTRIALE
A rappresentare in modo efficace il dramma dei lavoratori di Taranto è invece il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti. "Purtroppo la catastrofe e' arrivata. E, ancora una volta, purtroppo, i primi a pagare saranno gli operai dell'Ilva. Subito dopo pagheranno i cittadini di Taranto, perche' nessuno piu' risanera' l'ambiente".

La reazione dei sindacati è unitaria. A metà pomeriggio Fim, Fiom e Uilm minacciano uno sciopero nazionale e una manifestazione, giovedì a Roma, in caso di mancata convocazione da parte del governo. Questo, spiegano, alla luce di una situazione critica di tutti gli stabilimenti Ilva: "per lo stabilimento di Genova c'è materiale ancora solo per una settimana e per quello di Novi Ligure per due settimane, e a cascata Racconigi, Marghera e Patrica". Il Governo, chiedono i sindacati, "dopo l'approvazione dell'Aia, dica a chiare lettere se vuole salvaguardare un patrimonio industriale e occupazionale essenziale per il Paese", giudicando la situazione "gravissima", che richiede "risposte chiare e immediate da parte del Governo".

Una sollecitazione analoga arriva anche dal leader della Csil, Raffaele Bonanni. "Il governo deve convocarci, deve trovare una soluzione a questa situazione che si presenta molto squilibrata. Credo quindi che debba chiamarci e trovare davvero con molto coraggio una via d'uscita, perché non può finire in questo modo, solo accavallando escalation a escalation, su una vicenda produttiva così importante". Parole che trovano risposta nella convocazione, arrivata via twitter, da parte del governo. L'appuntamento per tentare di salvare lo stabilimento di Taranto, e l'intera siderurgia italiana, è fissato per giovedì alle 15, a Palazzo Chigi.