di Rita Piccolini
(r.piccolini@rai.it)
In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, è stato presentato in anteprima Rai il film realizzato dalla regista Francesca Archibugi:”Giulia ha picchiato Filippo”. Il film documentario, un importante contributo alla riflessione sulla condizione delle donne vittime più che mai della violenza, soprattutto in ambito familiare, sarà trasmesso proprio domenica 25 novembre su Rai Uno, alle ore 15.55. Alla proiezione erano presenti oltre alla regista, il presidente della Commissione di Vigilanza Rai, Sergio Zavoli, il presidente e il direttore generale della Rai, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, il capo Dipartimento delle Pari Opportunità del Presidenza del Consiglio, Patrizia de Rose, la responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna, Simona Napolitani. E’ stata proprio questa associazione a fornire le testimonianze per la realizzazione del documentario. Le storie sono state raccolte nei centri anti-violenza che oggi ospitano e aiutano centinaia di donne, quasi tutte con bambini in età scolare. Il cortometraggio è stato prodotto dal Dipartimento Pari Opportunità della presidenza del Consiglio e realizzato da Atabulo di Bernadette Carranza e Carolina Popolani. La parte più propriamente filmica è stata interpretata da Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio.
Il film è composto infatti da una prima parte documentaristica di denuncia di alcuni tragici casi di violenza sulle donne, e da una seconda parte che è invece un racconto di fantasia. All’inizio si alternano pertanto testimonianze di donne, e sono un pugno allo stomaco, perché raccontano storie di ordinaria follia. Tutte le testimoni parlano di rapporti cominciati con passione e slancio che poco a poco, da episodi apparentemente poco significativi ma sottilmente inquietanti, hanno messo in luce la violenza del compagno scelto con amore, un uomo che si rivela all’improvviso un bruto, un disadattato sociale, un perverso che sfoga in casa le proprie frustrazioni e il proprio disagio sociale. Un vigliacco che sfoga la propria rabbia sulla donna, più debole fisicamente e impaurita, perchè preoccupata per la sorte dei figli, piccoli testimoni indifesi della violenza e quindi essi stessi brutalizzati. Quando la donna si ribella e si rivolge alle forze dell’ordine spesso si verifica l’omicidio. L’orco non può accettare che la vittima sfugga alla persecuzione e spesso la uccide. Solo dall’inizio di quest’anno ci sono stati in Italia 72 casi di “femminicidio”, in media uno ogni tre giorni. Cosa fare allora? Fuggire con i bimbi e rivolgersi a questi centri di accoglienza dove essere accolte e protette e soprattutto non tornare mai più. Le testimonianze delle operatrici dei centri parlano infatti di uomini che continuano ad avere atteggiamenti aggressivi e violenti anche quando il giudice dei minori consente loro di andare a trovare i figli terrorizzati, perché hanno visto le persone che amano di più al mondo, una, il papà, commettere violenza, l’altra ,la mamma, subirla senza avere la forza e la possibilità di difendersi. Questo fenomeno tragico è molto democratico e trasversale a tutte le classi sociali. Non è vero che si verifica solo in condizioni di degrado sociale, ma è equamente distribuito a tutti i livelli della società. Perché è un fenomeno atavico che ha radici profonde, quelle che solo la cultura, l’informazione e la consapevolezza possono estirpare.
Poi c’è il racconto: Giulia è una bimba di 4 anni. E’ esile, bionda, delicata. Il compagno di scuola, Filippo, “un maschiaccio”, come lo definisce non senza una punta di compiacimento la mamma (Jasmine Trinca) per giustificarne il comportamento violento alla maestra e al padre di Giulia (Riccardo Scamarcio), picchia la bambina continuamente. Un bel giorno la piccola inaspettatamente reagisce: lo morde e gli dà uno spintone. E’ scandalo tra gli adulti. Vengono convocati i genitori. Solo il papà tenta di difendere Giulia. Persino la maestra, che ha sempre assistito al comportamento scorretto di Filippo sostiene che la bimba ha torto e deve scusarsi. Tutti in coro chiedono a Giulia in punizione di piegarsi e la bimba, accerchiata, alla fine chiede scusa all’aggressore. Ancora una volta Filippo ha vinto, con l’aiuto di tutti. E’ piccolo anch’egli, ma ha già chiara in testa l’idea odiosa che le “femmine” sono più deboli, e quindi “vittime” per eccellenza.
Che finale amaro! Al termine della proiezione una sola domanda, la stessa, a due splendide donne presenti. A Francesca Archibugi. “La bimba ha ragione ma deve chiedere scusa”. “Certo –risponde la regista- è proprio questa la violenza che bisogna sconfiggere, quella per cui le donne hanno torto anche quando hanno ragione”. E alla giornalista Benedetta Tobagi, del Consiglio d’amministrazione Rai. “E’ un colpo al cuore questo finale”. “Sì- risponde- è proprio questo il problema. Bisogna sconfiggere l’ipocrisia che impera nella nostra società, e questo si deve fare con la cultura e una giusta informazione”.
Di cambiamento di mentalità e di atteggiamento culturale diverso hanno parlato il presidente Zavoli, il direttore generale Gubitosi, ma soprattutto la presidente Tarantola che ha ricordato il decalogo stilato dalla Federazione dei giornalisti europei nel trattare il tema della violenza sulle donne. “Sembrano regole ovvie- dice la presidente- ma è importante ricordarle: parlare della violenza in termini corretti, contestualizzandola; usare un linguaggio senza pregiudizi, senza eccessi di dettagli che creano sensazionalismo e senza semplificare troppo per non banalizzare; avere senso di responsabilità verso la sopravvissuta e definirla come tale e non solo come vittima; utilizzare statistiche e informazioni utili per comunicare la drammaticità di un problema che è dell’intera società; raccontare la violenza per intero con dettagli sulla realtà sociale in cui si è verificata; proteggere la riservatezza della donna coinvolta non diffondendo dati sensibili che potrebbero facilmente identificarla e danneggiarla ulteriormente. Tutto questo per evitare la percezione errata della violenza di genere. La piccola Giulia del film rappresenta per qualche minuto la speranza al femminile. Solo qualche minuto però, perché ancora una volta la piccola coraggiosa, esile, tenera bimba dovrà chinare il capo. E’ necessario lavorare perché questo non accada più.
L'ultima classifica del Global Gender Gap Report 2012, basato su un'analisi Inps, evidenzia che l'uguaglianza di genere è ancora lontana. Solo un terzo della popolazione femminile è occupata e le retribuzioni sono inferiori a quelle dei colleghi maschi. La violenza passa anche da qui.