Nel discorso della vittoria, Barack Obama ha affermato che grazie al successo ottenuto torna ora alla Casa Bianca "più determinato e più ispirato di prima". Ma come prima si troverà a dover fare i conti con un Congresso che rimane spaccato, ovvero con i repubblicani che hanno la maggioranza alla Camera e i democratici al Senato. Una condizione tradizionalmente definita da 'anatra zoppa'. Forse per questo tra le sue prime mosse dopo la rielezione c'é stata proprio una telefonata ai leader del congresso, per lanciare l'invito a "trovare soluzioni bipartisan" sulle questioni più scottanti come la riduzione del deficit, l'abbassamento delle tasse e la creazione di posti di lavoro. Un appello alla collaborazione di fronte a quelli che si profilano come altri anni difficili, di lotte per l'approvazione di ogni misura. A partire dal cosiddetto 'fiscal cliff', il nodo tasse-spesa, la vera prima sfida per Barack Obama. In un discorso la notte scorsa, subito dopo la diffusione dei risultati, lo speaker della camera John Boehner ha affermato che "con il loro voto, gli americani hanno rinnovato la maggioranza repubblicana alla camera, affermando di volere le soluzioni proposte dai repubblicani". E ha quindi detto di essere pronto a lavorare "con qualsiasi partner", ma ha anche ammonito che continuerà a combattere contro qualsiasi aumento delle tasse, perché con il loro voto, ha detto, "gli elettori hanno chiarito che non le vogliono".
A sua volta, il leader dei democratici al Senato Harry Reid ha in mattinata lanciato un appello alla cooperazione, proprio a partire dalla questione del deficit del bilancio federale e delle tasse. Un cambiamento di clima, ha affermato, "é estremamente importante". La buona notizia per i democratici sul fronte del Congresso é la vittoria di Elizabeth Warren, economista di Harvard, che ha riconquistato il seggio al Senato per il Massachussetts che fu di Ted Kennedy e che dopo la sua morte, due anni fa, venne conquistato dal repubblicano Scott Brown.
Ma andare avanti sarà comunque complicato. In molti sistemi europei un capo di governo senza maggioranza parlamentare non sarebbe in grado di governare. Gli Usa però hanno un sistema presidenziale puro, in cui il leader dell'esecutivo, eletto direttamente dal corpo elettorale, non dipende da un voto di fiducia di Capitol Hill. Inoltre, con il sistema del voto di 'mezzo termine', cioé del test elettorale a metà mandato, capita spesso che un presidente venga punito e sia quindi costretto a governare la seconda metà del quadriennio senza l'appoggio del Campidoglio. Maggioranze diverse impongono ovviamente uno sforzo di mediazione ulteriore. Ma è proprio questo il problema, afferma parlando con l'ANSA il professor Andrew Horn, docente alla Law School dell'università di Harvard. I parlamentari "non riescono o non vogliono trovare compromessi. Anche quando è loro interesse". Dicendosi felice della rielezione di Barack Obama, sottolinea che però "il problema non è la Casa Bianca, ma il Congresso. Un Congresso in cui poco o nulla è cambiato rispetto agli ultimi anni, vuol dire paralisi".