L'intervista


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'Spero che questo libro sia una provocazione'

A colloquio con Rosy Canale rosy_canale_296

di Fabrizio de Jorio

Brevemente, come è iniziata la tua vicenda?
Ero un’imprenditrice del settore ristorazione ed intrattenimento. Avevo un locale a Reggio Calabria il “MALALUNA”. Lavoravo tanto e soprattutto con un pubblico giovane. La malavita ha cercato di impormi lo spaccio di droga all’interno del mio locale. Dovevo solo tacere e far finta di niente. Oggi, se avessi ceduto, sfreccerei per le strade di Reggio a bordo di un Porche fiammante. Ma io non potevo accettare di essere complice di un sistema criminale, e cosi mi sono opposta.

Perché hai scelto di opporti alla ‘Ndrangheta e cosa consigli a chi, come te vive e lavora in ambienti ad alta densità mafiosa?
Io ho scelto di rispettare i valori che i miei genitori mi hanno insegnato. Certo, ribellarsi non è facile. E’ rischioso, e la maggior parte delle volte ti ritrovi da solo. A certe latitudini lo Stato è assente completamente. Ma scendere a compromesso con la malavita significa entrare in un vortice che ti risucchia giorno dopo giorno verso un baratro ineludibile. Chi vive in ambienti ad alta densità mafiosa è un equilibrista della vita, conosce bene i margini entro cui muoversi. Sarei un ipocrita se consigliassi ribellioni o colpi di testa. Ognuno sa che dopo i primi clamori, appena si spengono i riflettori, si resta soli con tutti il mondo contro. Ognuno cerca pace per la propria famiglia, e spesso ci si volta dall’altra parte per necessità non per cultura. Per migliorare le cose si può partire sostenendo delle iniziative di gruppo che anche se silenziose sono efficaci, quali l’acquisto etico. Comprare solo in attività che non siano in alcun modo in odore di mafia. Pretendere un certificato antimafia appeso in vetrina. Creare dei circuiti virtuosi e distribuire la ricchezza solo in chi opera eticamente.

Com’è nato il libro La mia ‘ndrangheta?
E’ stata una mia esigenza profonda. La necessità raccontare quello che avevo vissuto e quello che avevo visto accadere con i miei occhi a San Luca. Lasciare una traccia, un racconto reale e controcorrente della mia terra, e dell’esperienza con le donne calabresi. Cosi ho chiesto ad Emanuela Zuccalà, giornalista di Io Donna, di collaborare alla scrittura. E dopo un anno di lavoro, ci siamo!

Quale messaggio vuoi comunicare alle future generazioni?
Il mio messaggio è principalmente la speranza. Quella attiva, quella che ti porta a credere e a vedere le cose. Ad immaginare e volere una Calabria diversa, un Italia migliore. Possiamo realizzare questo solo se questa speranza si trasforma in fede e poi in costruzione. Dobbiamo essere operai della speranza. Dobbiamo credere che possiamo cambiare il nostro destino. Ogni minuto dei nostri giorni.

Come sta andando l’esperienza delle ludoteca di San Luca? L’immobile confiscato al clan Pelle è ancora in uso dalla tua associazione?
La ludoteca è chiusa da più di un anno. Non ci sono fondi. Non abbiamo corrente elettrica. Il materiale di consumo per le attività è finito. L’immobile è ancora in uso all’associazione. Noi abbiamo lottato fino alla fine. Lo Stato, l’Italia, hanno fallito a San Luca, ne è prova quella struttura chiusa. Una cattedrale nel deserto dell’abbandono, della desolazione e dell’oblio.

Ora come è organizzata la tua vita negli Usa? Non hai paura anche lì visto che la ‘ndrangheta ha ramificazioni anche all’estero?
Ho ricominciato da zero, a 40 anni. Ho una piccola casa, ho trovato lavoro, ma soprattutto ho un uomo che mi ama e che ha compreso la mia storia, il mio passato e mi protegge come mai e’ successo prima. Non ho paura, non ho mai fatto male a nessuno, e credo di aver pagato il mio prezzo. Farmi del male ancora non ha senso.

Tornerai in Italia per la presentazione del libro. Ti piacerebbe tonare in Calabria, nella tua Reggio?
Reggio è tatuata nella mia esistenza, é una parte di me. Ma non torno questa volta, magari la prossima. So che la mia amata città sta attraversando un momento difficile della sua storia, ma voglio dire a tutti che non è una città mafiosa. L’hanno voluta cosi: lo Stato Italia e i signori ndranghetisti. Ma l’anima di Reggio è quella di una nobil donna, cortese, solare, avvolgente.

Durante le fasi più delicate della tua lotta contro le cosche, le istituzioni sono state presenti? Sei stata tutelata? Come hanno reagito invece le persone, i tuoi concittadini?
Non rispondo, rischierei di essere troppo polemica…

Il momento più drammatico della tua esistenza?
Quando ho creduto di non rivedere più mia figlia Micol.

Pensi che il fenomeno della criminalità di stampo mafioso sia in ascesa? La legislazione è efficace per la prevenzione e una adeguata tutela?
La criminalità è cambiata, si è evoluta. L’immenso potere economico gli permette di avvalersi di consulenti importanti e preparati, che a mio avviso dovrebbero prendere le distanze da questo tipo di business. Anche quella ritengo sia una forma di complicità. La legislazione Italiana credo sia inefficace, in quanto lentissima, non più esemplare e troppo soggetta a condizionamenti politici.

Quali progetti per il futuro?
Spero che questo libro sia una concreta provocazione nei confronti di chi poteva e non ha fatto. Non ci sono giustificazioni. Il Movimento donne è in stand by. Non la considero un’esperienza conclusa perche so per certo che le donne e le madri di San Luca hanno voglia di fare, di lavorare e di dimostrare il loro talento. E anche i giovani. Sto organizzando una Fondazione di respiro internazionale a cui prenderanno parte numerosi personaggi importanti che sono molto interessati a sostenere le iniziative delle donne calabresi.