di Valerio Ruggiero
(v.ruggiero@rai.it)
L’umanità incanutisce sempre più. L’allungamento della vita media è il risultato di una serie di successi nella lotta contro la mortalità infantile, la denutrizione, le malattie, i conflitti armati. Ma rappresenta una sfida per ogni Paese coinvolto nell’invecchiamento inarrestabile della propria popolazione, legato sì allo sviluppo, ma anche al declino del tasso di fertilità in tutto il mondo.
Il rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), “Invecchiare nel XXI secolo”, parla chiaro: oggi un abitante della Terra su nove ha più di 60 anni; tra un decennio gli anziani, dagli attuali 800 milioni, diventeranno più di un miliardo, e nel 2050 supereranno quota due miliardi: una persona ogni cinque.
Una celebrazione e una sfida
L’invecchiamento progressivo della popolazione è una dinamica che l’Occidente conosce bene da decenni. I Paesi “ricchi” si stanno attrezzando da tempo – anche se non sempre con la necessaria efficienza – per affrontarne le conseguenze sul piano sociale, economico, sanitario, culturale. Ma ormai due terzi degli ultrasessantenni vivono nei Paesi cosiddetti “emergenti”; ed entro il 2050 saranno l’80%. Se oggi solo il Giappone ha una fetta di popolazione anziana superiore al 30% del totale, tra meno di 40 anni sarà in compagnia di altri 64 Paesi con la stessa situazione demografica.
Il rapporto dell’UNFPA spiega che l’allungamento della vita media non va affrontato come una crisi, ma rappresenta una grande sfida soprattutto per i Paesi “poveri”, da trasformare in una opportunità di crescita e sviluppo. Sempre che la si raccolga.
E qui sorgono le preoccupazioni. Troppi Paesi, dice l’agenzia Onu, non stanno mettendo in campo le necessarie misure per affrontare la questione. Perché per garantire una vecchiaia migliore e fare in modo che gli anziani non siano percepiti quasi solo come “consumatori di welfare”, ma restino parte attiva della società il più a lungo possibile, bisogna attuare una serie di strategie sanitarie, formative e di protezione sociale che mirino già ai giovani. Le politiche per la terza età, insomma, cominciano alla nascita.
Sicurezza economica, salute e partecipazione
La maggior parte degli “over 60” che hanno collaborato al rapporto evidenzia tre aspetti principali di preoccupazione riguardo alla propria condizione di anziani. Al primo posto c’è la necessità di un reddito sufficiente. Gli ultrasessantenni, e in particolare le donne che ne costituiscono la fetta più numerosa, sono spesso a rischio di povertà, soprattutto nei Paesi “emergenti”, dove si è più lontani dal garantire un sistema pensionistico adeguato. Se in molti casi, come avviene in Occidente, i nonni con la loro pensione danno supporto economico oltre che logistico a figli e nipoti, nel mondo meno sviluppato è molto più spesso la famiglia che si assume l’onere principale di occuparsi degli anziani. Con il cambiamento demografico ormai in atto ovunque, tuttavia, il supporto familiare tradizionale è sempre più a rischio. E in mancanza di politiche adeguate da parte dei governi, la povertà, l’emarginazione e la discriminazione, fino ai veri e propri abusi, resteranno una realtà comune tra gli anziani.
Subito dopo, per importanza, viene l’accesso a cure mediche adeguate. L’UNFPA chiede ai governi di attrezzarsi per garantire ed estendere l’assistenza sanitaria di base, oggi carente o assente in troppe regioni del mondo. Perché vivere più a lungo si accompagni anche a vivere più in salute, e si riesca a prevenire e ritardare il più possibile le malattie invalidanti e la perdita di autonomia. Allo stesso tempo, bisogna formare e sostenere chi si prende cura degli ultrasessantenni, professionisti o familiari che siano. Le ricadute in termini di benefici, anche economici, per gli anziani, le loro famiglie e la società sono evidenti.
Infine, gli anziani desiderano e hanno diritto al rispetto, a non sentirsi considerati come pesi morti per le società in cui vivono. Vogliono continuare ad esserne parte attiva, finché è possibile. Per dare una risposta a questo bisogno, le politiche a favore di una terza età in forte espansione ovunque devono promuovere la partecipazione degli ultrasessantenni al lavoro e alle attività sociali (una strada è la revisione dell’età pensionabile), rimovendo tra l’altro le numerose barriere che ostacolano la partecipazione e l’autonomia degli anziani. Ma occorre investire anche nella formazione, nell’occupazione e nella cultura delle generazioni più giovani, spesso supporto per gli anziani di oggi e destinati ad essere gli anziani di domani.
L’investimento nel capitale umano, ci dice il rapporto Onu sulla popolazione, è sempre più indispensabile nel mondo che invecchia.