Musica - i consigli della settimana


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Con lo sguardo rivolto al passato

Soul d’antan e folk anni’70 per Joss Stone e Beth Orton

di Maurizio Iorio
(maurizio.iorio@rai.it)

Joss Stone – The Soul Session vol 2 (Warner Music)

Joss Stone, all’anagrafe Joshelyn Eve Stoker, l’inglesina bionda e simil-Barbie, che a 15 anni piombò sulla scena musicale britannica, sgambettando in minigonna e a piedi scalzi sui palchi dei club del Devonshire, fu immediatamente etichettata come la risposta inglese a Britney Spears. Etichetta che durò lo spazio di un mattino, giusto il tempo di ascoltare “The soul sessions”, il suo album d’esordio, per doverla sbianchettare e correggerla con “la Janis Joplin del nuovo secolo”, anche se la Joplin è ufficialmente inarrivabile. In ogni caso Joss Stone, che di anni ora ne ha 25, di quell’album, pluri-disco di platino, ne ha vendute 5 milioni di copie. Nonostante il successo clamoroso, la sua casa discografica ha provato ad imbavagliarla, per direzionarla su un terreno musicale più soffice e commerciale. Risultato? Divorzio, neanche tanto consensuale. Così, dopo 4 album, l’ultimo è del 2009 (“Colour me free”), e una partecipazione al progetto “Superheavy”, con Mick Jagger e Dave Stewart, la ragazzina impertinente è tornata con il sequel del suo primo lavoro, “The Soul session vol 2”, una raccolta di cover di brani black non particolarmente famosi. La Stone non ha mai nascosto di ispirarsi alla regina del soul, sua maestà Aretha Franklyn, e, con i dovuti distinguo, il confronto non è poi neanche così impietoso. La fase due delle “soul session” è una bella collezione di roba d’epoca. Brani di serie B, dicevamo, ma non per questo meno belli di quelli di serie A: “I don’t want to be nobody but you” di Eddie Floyd, la sinuosa Then you tell me goodbye” di John Loudersmith, “Give me power to the people”, dei Chi-lites, “Teardrops”, di Cecil e Linda Womack, e via di questo passo. La voce abrasiva della biondina, che poco lega con i suoi tratti somatici, è ovviamente l’atout che consente a questo album di salire nella classifica della qualità. Per quella delle vendite bisogna aspettare un po’, ma è difficile che raggiunga il top. Comunque, bel lavoro, piacevole, ben suonato e soprattutto ben cantato, senza stravolgere la forma dei brani originali, arricchiti con sapienza d’artigiano.

Beth Orton – Sugaring Season (Anti/self)

Sei anni fuori dalle scene, doppia maternità, e rischio d’oblio. Complice anche un esilio nel lontano Oregon, che dista migliaia di miglia dal natio Norfolk, Inghilterra. Basterebbe molto meno per cadere nel dimenticatoio, e soprattutto per perdere l’allenamento a far musica. Ma Beth Orton, folk singer quarantenne, riemerge dalle nebbie con “Sugarhill season” (a sei anni di distanza da “Trailer park”), probabilmente il più bello della sua intera e scarna produzione, solo sei album in sedici anni. La Orton , nata quando in Inghilterra gente come John Martin, Nick Drake, i Pentangle e i Fairport Convention sfornavano capolavori, per l’esordio scelse di intraprendere un coraggioso e pericoloso percorso borderline fra il folk e l’elettronica ribattezzato, per l’appunto , folktronic. Ballate acustiche variegate con i beats e i synth , compagnie come i Chemical Brothers, insomma una donna al passo con i tempi, capace di coniugare passato e futuro. “Sugaring seasos” (la stagione in cui si produce lo sciroppo d’acero) è l’album della maturità. Via le sovrastrutture, via gli orpelli, via tutto quello che sa di artificio. Lo sguardo va in primis a Joni Mitchell, sia per la delicatezza delle composizioni, che per la gentilezza dell’interpretazione. Ma anche all’intero repertorio del folk inglese degli anni ’70, che ha lasciato dei segni evidenti nella scrittura dei brani. “Sono seduta qui a guardare il mondo che passa”, dice Beth Orton nell’album, verso sintomatico delle intenzioni di (im)mobilità. Mi fermo e guardo indietro, con sguardo disincantato e sincero. “Sugarsing season” è pervaso di malinconia e di “sadness”, predilige la lentezza alla velocità , lo slowfood al fastfood. Non è music for fun.