di Rita Piccolini
(r.piccolini@rai.it)
E’ nelle librerie la nuova edizione rivista e ampliata della biografia di Coco Chanel. A scriverla e a correggerla dalle inesattezze delle precedenti edizioni uscite in Francia è stata l’amica più intima della grande stilista francese, la psicoanalista e scrittrice Claude Delay, che ne condivise i ricordi, le confessioni, le speranze, i progetti. Dalle sue pagine emerge il ritratto di una donna volitiva e ambiziosa, così come tutti la ricordano, ma anche preda di paure antiche e di una profonda solitudine che né il successo, né l’amore, né l’amicizia riuscirono a cancellare. Il libro è edito da Lindau.
I miti non invecchiano e continuano a suscitare curiosità e a provocare emozioni. Non fa eccezione quello dell’icona della moda del Novecento. Per questo motivo tanti libri sono stati già scritti sulla sua vita e la sua creatività, che rivoluzionò il modo di vestire e in qualche modo di essere delle donne dell’inizio del secolo scorso. Ora, rivisitata, viene proposta questa biografia, in parte già nota in Francia perché pubblicata in forma parziale pochi anni dopo la morte di Coco Chanel. A distanza di anni, quando i ricordi si fanno più nitidi perché purificati dalle emozioni immediate e contingenti, l’autrice la completa, aggiunge particolari, riesce a descrivere le verità più nascoste a cui ebbe il privilegio di accedere negli ultimi dieci 10 anni della vita della stilista. Coco Chanel salutò per l’ultima volta Claude Delay una domenica pomeriggio, sul marciapiede davanti all’Hotel Ritz, dove abitava a Parigi. Morì poche ore dopo, sola, nella sua stanza. Aveva 88 anni . Era il 10 gennaio 1971. Una domenica grigia appunto, il giorno della settimana che la creatrice di moda detestava perché la costringeva al riposo forzato.
Il ritratto di Chanel comincia così dalla fine, da una conoscenza e frequentazione con l’autrice, nata per caso dieci anni prima nella boutique Chanel di rue Cambon. La scrittrice era allora una giovane cliente e descrive così l’incontro e come la stilista l’apostrofò: ”Lei è fortunata ad avere il tempo di leggere - le disse vedendola scegliere un foulard con alcuni libri sotto il braccio- io, invece, vivo come una prigioniera. Venga a fare colazione con me un giorno”. Nacque così una grande amicizia, l’ultima importante per la signora della moda, alimentata da un’affinità e una conoscenza profonda. Claude Delay fu per Coco un’amica con cui confidarsi, riflettere, vivere, condividere quotidianamente piccoli e grandi segreti e gli aspetti più intimi della propria avventura umana. La crescente fiducia nella giovane amica la portò a raccontare di sé, delle ferite dell’infanzia mai rimarginate, la più profonda delle quali fu l’abbandono in un orfanotrofio da parte dell’amatissimo padre, delle sconfitte e dei successi. E naturalmente degli uomini della sua vita, il padre Albert prima di tutto, il tragico amore per Boy Capel, gli amanti famosi, dal duca di Westminster, al granduca Dimitri Romanov, o gli amici celebri, da Cocteau a Picasso, per cui ebbe una vera e propria venerazione. Diceva di lui:”Quell’uomo mi piaceva. In realtà era la sua pittura che amavo, malgrado non ci capissi niente. Per me Picasso era la tavola dei logaritmi. Ho visto Cocteau ballare il passo della seduzione, il dadaismo filtrare, i surrealisti adularlo. Ho visto i Modigliani e i Juan Gris sparire, e Picasso restare…E’ anche un demonio. Tornerà a tormentare intere generazioni di giovani pittori nelle sedute spiritiche. Quando sarà al Louvre le sue chitarre di notte…se ne andranno a passeggiare al buio, tutte sole, al piano degli Egizi”. Questa era tra l’altro Coco Chanel, la sua vita magnifica e sfortunata a un tempo, le sconfitte personali e il trionfo professionale, le frequentazioni eccezionali e la profonda solitudine insieme. Il racconto di Claude Delay rappresenta un caso a sé nella lunga serie di libri a lei dedicati, perché riproduce la voce stessa della creatrice di moda, le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue considerazioni, senza intenti celebrativi, ma con il solo intento di raccontare una donna magnifica e contraddittoria. “Era così intensa- scrive Claude Delay- così accattivante sotto la sua paglietta dispotica, al fondo della scala aggrappata agli specchi, che indistintamente sentii su di lei gli effluvi del suo profumo e quelli, più proibiti, di una inalterabile adolescenza”.
Claude Delay è nata a Neully –sur-Seine nel 1934. E’ autrice di romanzi, opere teatrali e delle biografie della poetessa Marina Cvetaeva 8nel 1998 Prix Anna de Noailles de l’Académie française, e dei fratelli Alberto e Diego Giacometti (nel 2008, Prix de lìEssay de l’Académie française e Priz Cazes-Brasserie Lipp).