di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)
Onorevole Moroni, subito indulto e amnistia o prima le riforme normative, a cominciare dalla depenalizzazione di alcuni reati?
Innanzitutto, la situazione nelle carceri è talmente drammatica da mettere in discussione la civiltà del nostro Paese. La certezza della pena non è in contrasto con i principi solidi e forti del garantismo, compreso il rispetto della dignità umana anche di chi deve scontare una pena. In Italia è necessario pensare a riforme strutturali del sistema carcerario, penso alle misure alternative alla detenzione che siano in armonia con la certezza della pena e il garantismo. Nel contempo si dovrebbe pensare all’edilizia carceraria, non solo per costruire nuove sedi ma soprattutto per ristrutturare quelle già esistenti, che si trovano in condizioni di grande degrado. Infine, si deve rafforzare il principio di rieducazione della pena. I provvedimenti di clemenza, amnistia e indulto, possono essere uno strumento importante, emergenziale come passaggio all’interno di un progetto più ampio di riforma strutturale del sistema della detenzione in carcere. Più volte sono stati sperimentati nel nostro Paese, ma da soli producono un risultato estremamente temporaneo e molto ristretto, perché dopo sei, dodici mesi le carceri tornano nelle stesse condizioni.
Ma la possibilità che il Parlamento adotti misure di clemenza speciali, Futuro e Libertà la vede in seconda battuta rispetto alle riforme o contestualmente?
Io credo che debba essere contestuale, nel senso che l’indulto e l’amnistia, che è sicuramente un provvedimento più significativo, debbono rientrare in piano di riforme strutturali del sistema carcerario. Le misure di clemenza possono essere un sollievo momentaneo dettato da un’emergenza, ma proprio questa emergenza ci deve spingere a elaborare nuove normative.
Alcune forze politiche puntano il dito contro le leggi Bossi-Fini, sull’immigrazione clandestina, e Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze. Secondo lei, vanno salvate o devono essere riviste?
Io penso che gli stessi autori di queste leggi sono dell’avviso che vadano cambiate e aggiornate sempre nell’ambito di un piano più vasto, per implementare ad esempio le misure alternative al carcere.
Ma lei ritiene che queste due leggi abbiano accentuato il problema del sovraffollamento delle carceri?
Lo hanno accentuato come tante altre norme. E mi riferisco in particolare a quello che è un mio pallino: la carcerazione preventiva. Sappiamo che questo istituto dovrebbe corrispondere a tre caratteristiche: l’inquinamento delle prove, il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. Ma sappiamo che le carceri sono strapiene di detenuti in attesa di giudizio. Allora anche l’uso a volte opinabile della carcerazione preventiva molto spesso come strumento coercitivo per l’acquisizione di prove è inaccettabile, anche questo sul piano del garantismo, quando la misura cautelare potrebbe essere benissimo scontata ad esempio ai domiciliari. Questo per dire che sono tante le norme, o l’applicazione di certe norme, che hanno contribuito nel corso degli anni, e contribuiscono tuttora, all’affollamento delle carceri. Ecco perché ribadisco è necessaria una complessiva revisione del sistema e strutturale.