Musica - i consigli della settimana


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Vecchi e nuovi classici

Nuovi cd per Van Morrison e Muse

di Maurizio Iorio
(maurizio.iorio@rai.it)  

Van Morrison – Born to sing: no plan B
(Blue Note)

La leggenda vuole che George Ivan Morrison, il cowboy di Belfast, abbia inciso quarant’anni fa un lungo nastro magnetico (allora usava così) con una serie infinita di canzoni. Poi, ogni due- tre, anche quattro anni (l’ultimo , “Keep it simple”, è del 2008) , ne taglia un pezzo e lo pubblica con un titolo diverso. La leggenda è leggenda, ma la realtà non è poi così diversa. E’ un dato di fatto che Van Morrison è sempre uguale a se stesso, procede a testa bassa su una traccia segnata da quattro decenni, e non si sposta di una virgola. Atteggiamento di grande supponenza, in parte giustificato dalla sua classe infinita, che anche in questo caso gli è di grande supporto. Dopo anni Van Morrison torna ad incidere per la prestigiosa etichetta jazz “Blue note”, il che vuol dire tante soddisfazioni professionali e pochi soldi. E la cosa non lo riguarda, come scrive in uno dei brani, “If in money we trust”“ (“Se credi nel denaro/ non ne hai abbastanza/ e mordi la polvere/ se credi nel denaro/ dov’è Dio?”). Che l’unico interesse a tener desto il cervello del rosso irlandese sia la musica, lo si deduce dal titolo dell’album, e dalle sue note di copertina: “Non sapevo che questo sarebbe diventato un lavoro quando ero un teen-ager e ho cominciato a suonare nelle band. Ero solo un ragazzo che cercava di trovare la sua strada nella vita”. Ovvero, non c’è un piano B alternativo alla musica. Detto questo, il nuovo cd di Van Morrison, orrida cover a parte, è come al solito una lezione di stile. Dieci canzoni di puro soul, alcune molto lunghe ( 7-8 minuti), parecchie con interludi jazzati, armonie splendide (“Mystic of the east”), band superlativa (l’album è stato registrato a Belfast). Un classico di quelli che non passano mai di moda, come le Church’s. Si ricomprano solo quando sono consumate, ma sono identiche a quelle vecchie.

Muse – The 2nd law
(Warner Music)

Al contrario di Van Morrison, sempre uguale a se stesso, i Muse a cambiare ci provano spesso, anche se la ciambella non sempre riesce col buco. Partire dalla seconda legge della termodinamica non è il massimo dell’ottimismo (in un sistema chiuso l’entropia aumenta e l’energia si disperde), fa venire pensieri funesti sul nostro futuro. Forse per questo Matt Bellamy e compagni guardano spesso al passato, “Madness” è una spudorata citazione dei Queen, mentre il pezzo “olimpico”, “Survival”, è un rock enfatico che ricorda gli Elo ed ancora Freddy Mercury. I tentativi di sperimentazione sono troppo timidi per risultare innovativi. In un paio di tracce si sentono influenze dubstep, che però risultano poco in sintonia con la linea sonora di questo nuovo lavoro del trio del Devonshire. Il brano di apertura, “Supremacy”, era candidato per la colonna sonora del nuovo 007, “Skyfall”. E’ stato scartato, ma la linea melodica dell’ agente segreto di sua Maestà è decisamente riconoscibile. Le ascendenze musicali si sentono ancora tutte (dai Queen agli U2), anche perché l’album sembra più orientato verso posizioni conservatrici che rivoluzionarie. Non per questo è da buttare, tutt’altro. Ma ci sono troppi brani sottotono, perché ottenga una media elevata. I Muse sono sempre i Muse, per carità, una delle migliori band del rock inglese contemporaneo, ma dovrebbero osare di più, senza strizzare l’occhio al mercato.