di Fabrizio de Jorio
(fa.dejorio@rai.it)
''Il governo è impegnato con tutte le sue forze a dare sostegno ai disegni di legge presenti in Parlamento. Serve una norma moderna che sappia contemperare il diritto alla manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione''. Lo ha detto il ministro della Giustizia Paola Severino nel suo intervento nell'incontro convocato nella sede romana della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani, in collaborazione con Libera informazione ed Articolo 21, sul tema della diffamazione e delle querele temerarie dopo il caso Sallusti. Presenti alla conferenza il segretario della Fnsi Franco Siddi, il presidente Roberto Natale, il presidente della Fieg, Giulio Anselmi, il segretario generale dell’Ordine dei Giornalisti. Era prevista anche la presenza del direttore del Giornale Sallusti che però all’ultimo momento ha disertato. Alla conferenza hanno partecipato anche gli onorevoli Gaetano Pecorella (Pdl), Andrea Orlando (Pd), Roberto Rao (Udc), Enzo Carra (Udc), Antonio Di Pietro (Idv), Flavia Perina (Fli), Giuseppe Giulietti (Portavoce Art.21).
Il giornalismo italiano chiede da anni una profonda modifica della legge, che elimini lo spettro del carcere e freni il fenomeno delle richieste di risarcimento di entità spropositata a scopo intimidatorio. Al contempo, il segretario della Fnsi Siddi ha ribadito la necessità che “gli errori professionali vengano sanzionati con la necessaria durezza, a tutela dei diritti dei cittadini coinvolti nelle vicende di cronaca”. Tutti comunque sono concordi dell’urgenza di una riforma che finalmente possa allineare l'Italia alle democrazie avanzate e rendere più solido il diritto dei cittadini ad essere correttamente informati.
Per il ministro Severino il carcere “è una pena inadeguata, occorre dare un ruolo centrale al tema della rettifica e il tempo è maturo per dare una nuova disciplina a questa materia. Il ddl in discussione al Senato ha matrici che arrivano dall'intero arco costituzionale, che potrebbero essere messi insieme efficacemente facendo ricorso alla giurisprudenza in materia, indirizzandosi verso le pene alternative e dando un ruolo centrale alla rettifica''. Per il Guardasigilli, quindi ''il carcere deve essere l'extrema ratio''. Quanto alle querele temerarie, il ministro ha affermato che ''questo tipo di azioni, non solo contro i giornalisti, vanno combattute. Mi piace molto l'idea di un deposito a garanzia, ma poi bisogna stabilire quali sono le liti temerarie''. Severino ha concluso il suo intervento sostenendo che ''queste nuove norme devono valere anche per i nuovi mezzi di informazione, dove la tutela della reputazione è ancora più difficile''.
''Spesso dimentichiamo che, accanto al diritto ad informare, c'è il diritto ad esser informati correttamente”, ha detto il presidente degli editori, Giulio Anselmi riferendosi alla sentenza di condanna al carcere per il direttore del Giornale, Sallusti. Per il quale “c'è una sproporzione tra il carcere e la condotta seguita. In questo caso, però, non abbiamo sottolineato a dovere il tema della necessità della rettifica”. Anselmi ha poi criticato il giornalismo troppo aggressivo perchè “occorre rispetto per i lettori, un rispetto che spesso tra i giornalisti è più retorico che reale. Siamo stati tutti ipocriti: i politici che hanno puntato sullo strumento della punizione, gli editori che non si sono curati abbastanza del tema e i giornalisti che come categoria sono spesso insensibili''. Anselmi, che è anche presidente dell'agenzia di stampa Ansa, ha aggiunto che ''gli editori da tempo chiedono una nuova disciplina per la rettifica, un limite alla responsabilità (e quella oggettiva è segno di inciviltà) e un limite al risarcimento pecuniario''. Parlando della crisi dell’informazione tradizionale per Anselmi serve “una riforma dei prodotti e del modo con cui questi prodotti sono fatti'', e bisogna tenere conto che 'il giornalismo tradizionale, rispetto all'informazione via internet, ha caratteristiche di credibilità e di affidabilità. Sarebbe quindi un danno irresponsabile al giornalismo- ha concluso- non intervenire su questioni come il carcere per la diffamazione a mezzo stampa”.''Non siamo qui né per difendere ‘la casta’, né per chiedere una ‘legge Sallusti’, ma per chiedere una legge per la libertà e la cancellazione del carcere per i reati di diffamazione a mezzo stampa”. Così il segretario della Fnsi, Franco Siddi, durante il suo intervento. ''Il sindacato non dà mai sostegno né la sua condivisione per le notizie false, eventualmente utilizzate per campagne diffamatorie''. Il sindacato unitario dei giornalisti italiani propone “la cancellazione della norma che prevede il carcere, la previsione secondo cui la rettifica, documentata e pubblicata in tempi brevi, determina l'impunibilità, l'istituzione di un giurì per la lealtà e la correttezza dell'informazione”. Insomma, ha detto Siddi, “prima deve venire la riparazione, poi eventualmente la sanzione''.
Siddi, che ha quindi ribadito l’esigenza “ di una riforma per un giornalismo libero in Italia”, ha anche illustrato in sintesi le proposte di modifica per una riforma dell'ordinamento penale e civile sulla materia.
Proposte messe a punto da un gruppo di lavoro tecnico-politico della Fnsi-Ordine dei giornalisti del quale fa parte, tra gli altri, l'avvocato Bruno Del Vecchio, consulente legale della Federazione. Il sindacato dei giornalisti in sostanza chiede: l'eliminazione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa; la rettifica deve essere considerata, diversamente da ciò che avviene oggi, un motivo di esclusione della punibilità; introduzione per legge del principio (oggi affermato dalla giurisprudenza) che non commette reato chi pubblica, senza alterazioni, dichiarazioni altrui riportate letteralmente e in maniera riconoscibile (il cosiddetto 'virgolettato'); introduzione di meccanismi per rafforzare il diritto al risarcimento del danno conseguente alla 'querela temeraria'; abolizione dell'Istituto della riparazione pecuniaria.
Le proposte dell'Fnsi per una riforma dell'ordinamento penale e civile in materia di diffamazione a mezzo stampa e tutela dell'esercizio della libertà di informazione
1. Eliminazione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa. La sola sanzione pecuniaria rimarrebbe un deterrente pienamente sufficiente e allineerebbe l’Italia agli altri Paesi. Anche con l’abrogazione della pena detentiva, si deve comunque mantenere il “filtro” dell’udienza preliminare, per consentire un intervento del giudice in tempi più rapidi.
2. La rettifica deve essere considerata, diversamente da ciò che avviene oggi, un motivo di esclusione della punibilità. L’attuale disciplina della rettifica è del 1948 e già da tempo il Legislatore avrebbe dovuto modificarla considerando tutti i nuovi media. Ma rimane fondamentale prevedere con chiarezza che se il presunto offeso ha avuto modo di esercitare correttamente il suo diritto di rettifica, nessuno può subire sanzioni penali per ciò che ha scritto.
3. Introduzione per legge del principio (oggi affermato dalla giurisprudenza) che non commette reato chi pubblica, senza alterazioni, dichiarazioni altrui riportate letteralmente e in maniera riconoscibile (il c.d. virgolettato).
4. Introduzione di meccanismi per rafforzare il diritto al risarcimento del danno conseguente alla “querela temeraria”. Quando una querela viene archiviata o quando l’autore del “pezzo” viene assolto (ciò avviene spessissimo), gli attuali meccanismi per ottenere un risarcimento del danno per la temerarietà della querela sono tali per cui è molto difficile ottenere dal giudice il giusto ristoro.
5. Abolizione dell’istituto della riparazione pecuniaria. Chi si ritiene diffamato può sempre chiedere il risarcimento del danno. La previsione di un’ulteriore “riparazione pecuniaria” - istituto introdotto nel 1948 - rappresenta una irragionevole duplicazione.
6. Estensione della prerogativa del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti. Oggi gli editori utilizzano sempre di più giornalisti pubblicisti come dei veri e propri professionisti. Anche i pubblicisti, quindi, debbono potere usufruire della prerogativa sul segreto professionale.
7. Molti giornalisti e molti editori sono costretti a subire, in sede civile, richieste di risarcimento danni assolutamente spropositate (anche milioni di euro). E’ vero che il più delle volte i giudici, se ritengono diffamatorio l’articolo, riducono il risarcimento; ma è altrettanto vero che la richiesta di somme elevatissime è spesso finalizzata ad intimidire giornalista ed editore e quest’ultimo è comunque obbligato ad iscrivere in bilancio l’importo, con ogni relativa conseguenza. L’introduzione del seguente principio potrebbe contenere sensibilmente le domande: se in un processo civile risulta che la parte soccombente ha agito con mala fede o colpa grave e nel contempo risulta accertata la corretta pubblicazione della rettifica prima dell’instaurazione del giudizio o la sua omessa richiesta, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna oltre che alle spese di causa, al risarcimento dei danni da liquidarsi, anche in via equitativa, ma comunque in misura non inferiore al 10% della somma richiesta a titolo di risarcimento.