di Rita Piccolini
(r.piccolini@rai.it)
E’ questo il titolo del rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione promosso da 3 Italia, Mediaset, Mondadori, Rai e Telecom Italia, presentato presso la Sala Capitolare del Senato da Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, presidente e direttore generale del Censis. Nel titolo la sintesi estrema del rapporto in cui viene evidenziato quanto il web e le connessioni mobili mettano sempre più al centro l’individuo, che non è più solo fruitore ma sempre più soggetto di comunicazione. Con i vantaggi e i rischi che questo comporta.
Un dato salta agli occhi:dallo scorso anno a oggi Internet è il mezzo con il tasso di incremento dell’utenza più alto (+9%). A navigare sono il 62,1% degli italiani, erano solo il 27,8% dieci anni fa. Il dato sale nettamente nel caso dei giovani (90,8%), delle persone più istruite (84,1% di diplomati o laureati), e dei residenti nelle grandi città, con più di 500 mila abitanti (74,4%). Gli iscritti a Facebook passano dal 49% dello scorso anno all’attuale 66,6% degli internauti, ovvero il 41,3% degli italiani e il 79,7% dei giovani. You Tube è passato in un anno dal 54,5% al 61,7%, pari al 38,3% della popolazione complessiva e al 79,9% dei giovani.
Questo non significa che siano tramontati i mezzi di comunicazione tradizionali, il declino si percepisce solo per la carta stampata che continua a registrare una lenta e preoccupante emorragia di lettori e ne perde un ulteriore 2,3% in un anno (in cinque anni si è passati dal 67% al 45,5%) e per i libri, ormai meno della metà degli italiani ne legge almeno uno in un anno. La televisione cosiddetta generalista gode invece di ottima salute e ha un pubblico che coincide sostanzialmente con la generalità della popolazione (il 98,3%) . Si diversificano tuttavia i modi di guardare la tv. Si consolida il successo delle tv satellitari, delle web tv e della mobile tv. Oggi un quarto degli italiani collegati a Internet ha l’abitudine di seguire i programmi televisivi sui siti web o li cerca su You Tube, per costruirsi palinsesti personalizzati. Si verifica quindi l’integrazione dei vecchi media in ambienti nuovi. Significativo in tal senso è l’uso degli smartphone che crescono del 10% in un solo anno e dei tablet. Non tramonta nemmeno la vecchia amata radio, il cui uso è però veicolato sempre più dai nuovi strumenti di comunicazione. La commistione tra il vecchio e il nuovo è una costante e anche per essa vale il discorso sulla televisione: viene ascoltata sempre di più via web tramite il pc e per mezzo dei telefoni cellulari.
Non è il bisogno di informazione a essere diminuito, al contrario siamo bombardati di notizie, perché in un modo o nell’altro siamo sempre connessi, ma cambiano radicalmente le strade per acquisirle. Questo è sicuramente un bene ma le insidie non mancano. Il primo pericolo è quello del conformismo. Il professor De Rita lo sottolinea subito introducendo il rapporto. Un’informazione troppo personalizzata porta a selezionare solo i contenuti che si vogliono conoscere, specializzandosi sempre di più, ma tagliando via tutto il resto. Il pericolo di un’informazione auto referenziale c’è, eccome! Nel rapporto viene efficacemente definito “solipsismo di Internet”: la rete come strumento nel quale si cercano conferme di opinioni, gusti, preferenze che già si possiedono.”Dimensione personale dentro i media e i media dentro la dimensione personale” commenta il professor De Rita. Conseguenza inevitabile è l’esasperazione di questa personalizzazione portata all’estremo dai social network, in cui si è contemporaneamente oggetti e soggetti di comunicazione. Il produrre narcisisticamente informazione rischia di produrre conformismo, in quanto ci si confronta in un circolo vizioso con altre fonti di informazione narcisistica. Ma questi sono i nuovi strumenti della comunicazione ed è con questo che è assolutamente necessario confrontarsi. Poi c’è il rischio che i dati che forniamo vengano manipolati, per fini commerciali ad esempio. Il vero pericolo, sottolinea De Rita, non è tanto e solo quella della violazione della privacy, in quanto noi stessi per nostra autonoma decisione li mettiamo a disposizione, ma che queste informazioni finiscano in banche dati su cui poi vengono costruite e manipolate le nostre scelte, i nostri pensieri, le nostre esigenze, la nostra vita.
Particolarmente efficace è Antonio Soro, il garante della Privacy, quando delinea questo processo:“Pezzi di noi sono conservati nella banche dati, (come utenti, consumatori, fruitori e produttori di contenuti ndr) . Siamo un corpo elettronico disseminato in varie parti. La preoccupazione nasce se pensiamo che questi pezzi vengano ricomposti per farli diventare un corpo unico da usare come merce di scambio nell’economia globale”. Non esiste ancora la consapevolezza di cosa potrebbe capitare al nostro corpo elettronico, insiste Soro, per questo dobbiamo trovare le regole, superando due difficoltà:la caduta di sensibilità per i diritti; il confronto con una nuova architettura dell’economia globale in cui c’è lo smisurato potere dei colossi della rete. Facebook, spiega il garante della Privacy, ha i profili e i dati personali di 900 milioni di persone, che sono potenziali consumatori. Chi detiene i dati personali ha un potere economico immenso. Occorre dialogare anche a livello di istituzioni europee con questi colossi e mettere paletti per rendere più sicuro l’utilizzo di questi dati che sono vulnerabili, perché possono essere violati. Esiste ormai persino una potente criminalità cibernetica.
Le sfide da affrontare per i nuovi mezzi di comunicazione sono dunque molteplici e tutti gli operatori devono tenere conto che è necessario mettere in atto meccanismi di riposizionamento. Lo sottolinea Melodia, presidente dell’Ucsi (Unione Cattolica Stampa italiana), quando ricorda che i nuovi media non devono perdere di vista i vecchi e che bisogna cercare nuovi strumenti tecnologici per contenuti universali, che rispettino la qualità professionale e l’importanza del testo. Gioca con le parole Melodia quando asserisce che serve una biomediaetica, in cui i valori dei contenuti siano preminenti. Tutti i relatori concordano sulla necessità di adeguarsi alle nuove sfide tecnologiche per veicolare contenuti qualitativamente alti: da Novari, amministratore delegato di Tre Italia, che invita a riflettere sui nuovi linguaggi e a reinventare la grammatica televisiva, a Nieri di Mediaset, che riflette sul fatto che Internet è una grande piattaforma, un enorme contenitore anche per i contenuti tradizionali del mezzo televisivo, così come il vicedirettore generale della Rai, Antonio Marano, che mette in evidenza quanto sia strategico il concetto di multi piattaforma per veicolare tutti i contenuti e prefigura nuovi scenari per un servizio pubblico che sia soprattutto globale .