La lunga battaglia nelle miniere


Stampa

Sciopero in Sudafrica, l'esercito in stato di allerta

La protesta sta mettendo a rischio l'intera economia del Paese minatori_proteste_sud_africa_296

di Rodolfo Fellini
(r.fellini@rai.it)

Il Sudafrica rischia seriamente di scendere dal carro dei “Brics”, i più dinamici tra i Paesi emergenti (gli altri sono Brasile, Cina, India e Russia), che da qualche anno contribuiscono in modo determinante alla crescita economica mondiale. Ai preoccupanti dati sull’occupazione (24% i senza lavoro, il doppio nella fascia giovanile) e sulla diffusione del virus dell’HIV (18% di sudafricani convivono con l’Aids) e alle carenze infrastrutturali, specie nel campo dell’energia elettrica, si aggiungono ora gli scioperi nel settore minerario, vero e proprio motore dell’economia nazionale. Il Sudafrica è, tra l’altro, il primo produttore mondiale di oro, cromo e platino.

I principali impianti del Paese, appartenenti al gruppo britannico Lonmin e all’anglo-sudafricano Amplats, sono fermi da settimane. Il conflitto è scoppiato con forza nella miniera di platino Lonmin di Marikana, nel Nord del Paese. Qui, lo scorso 16 agosto, dopo diversi giorni di sciopero, 34 minatori armati per lo più di sbarre di ferro, bastoni e machete sono stati uccisi dalla polizia. Un’inchiesta, promossa dal presidente Zuma, stabilirà se la strage di minatori sia da imputare agli eccessi delle forze dell’ordine. Da Marikana, l’onda della protesta si è propagata un po’ a tutto il Paese. Non si registrano più scontri armati, ma le manifestazioni continuano a moltiplicarsi, in un clima che i sindacati definiscono “festoso”, mentre il governo denuncia che molti manifestanti sono armati e i manager delle miniere parlano di intimidazioni e minacce verso chi vuole tornare al lavoro. Gli scioperanti, che si battono per un aumento salariale, hanno definito “un insulto” le proposte aziendali, fermatesi molto al di sotto dei 120 euro mensili richiesti. La paga media dei minatori sudafricani è oggi di 450 euro. In prima linea sono circa tremila lavoratori di vari impianti, che accusano il sindacato maggioritario, Num, di connivenze con il governo. Il numero degli scioperanti è cresciuto giorno dopo giorno, e oggi chi si rifiuta di cedere lo fa “in memoria delle vittime” degli scontri del mese scorso. I negoziati continuano in un clima di estrema tensione. I leader della protesta minacciano ora di indire uno sciopero generale, che paralizzi ogni attività produttiva nel Paese. Il Num si è fin qui limitato a esprimere “preoccupazione” per quanto sta accadendo. E c’è chi, in ambito politico, cavalca la protesta dei minatori. Il 31enne Juju Malema, ex leader giovanile dell’Anc di Zuma, chiede la nazionalizzazione del settore minerario e critica duramente il suo ex partito. “I nostri leader si sono venduti il Paese, e ora dormono con i capitalisti” ha detto, arringando una folla di scioperanti fuori da una miniera.

Le agitazioni in corso “minacciano la crescita, l’impiego, le esportazioni e gli investimenti”, ha sottolineato il ministro delle Finanze Parvin Gordhan. Dopo la riunione di un gabinetto di emergenza, il ministro della Giustizia, Jeff Radebe, ha annunciato le misure per riportare l’ordine. “Il governo –ha avvertito- non tollererà più le manifestazioni non autorizzate, le provocazioni e le violenze; le forze dell’ordine non esiteranno ad arrestare chiunque violi la legge”. Lo stato d’emergenza non è stato proclamato, almeno per il momento, ma l’esercito è già in stato di allerta, ed è la prima volta che ciò accade nella vita democratica del Paese.