La stampa Usa ricorda Stevens


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Un diplomatico determinato ed affascinante

Molti gli articoli sull’ambasciatore ucciso in attentato a Bengasi ambasciata_usa_mezzasta_296

Un diplomatico determinato e capace, profondamente legato alla Libia, e affascinante. La stampa americana dedica molti articoli oggi alla figura di Chris Stevens, l'ambasciatore americano rimasto ucciso nell'attacco al consolato di Bengasi.

Stevens era stato in Israele, Egitto, Siria e Arabia Saudita, ma la Libia era diventata il centro della sua carriera. Tre volte era stato nel paese negli anni prima della caduta del regime di Gheddafi e tra il 2007 ed il 2009 era stato viceambasciatore nel paese.

Quando poi le rivolte nel mondo arabo avevano raggiunto la Libia, Stevens era diventato rappresentante di Barack Obama presso l'opposizione. Dopo la caduta del colonnello Muhammar Gheddafi era stato nominato ambasciatore a Tripoli, e a Tripoli era arrivato a maggio pieno di entusiasmo e di ottimismo sul futuro del paese.

"L'atmosfera è cambiata in meglio", aveva scritto in una email alla famiglia e agli amici in luglio, ricorda il New York Times. "La gente sorride di più ed è molto più aperta con gli stranieri, americani francesi e britannici sono popolari. Speriamo che duri".

Per chi lo conosceva, scrive ancora il quotidiano statunitense, Stevens era un diplomatico accomodante, aperto, franco e a tratti irriverente. Capiva profondamente la cultura e la politica araba. "E' particolarmente tragico il fatto che Stevens sia morto a Bengasi", ha commentato Obama. "Perché si tratta di una città che ha contribuito a salvare".

Nato in California e laureato all'università di Berkeley, era entrato nel Foreign Service nel 1991 dopo aver lavorato come avvocato specializzato nel settore delle transazioni commerciali. Per il vice segretario di Stato, William J. Burns, che ne aveva seguito la carriera, "era uno dei più bravi funzionari della sua generazione del Foreign Office".

"L'ultima volta che ho visto Chris è stato in una visita in Libia poco dopo il suo arrivo come ambasciatore. Mi ricordo di aver pensato a bordo dell'aereo che mi riportava a casa che il suo era il tipo di talento, coraggio e capacita' di leadership che avrebbe ispirato un'intera generazione di diplomatici. Ci mancherà profondamente ma ricorderemo il suo esempio".

Una capacità ed una determinazione unite al fascino, sottolinea il Washington Post nell'articolo dedicato alla figura del diplomatico scomparso: "Usava il suo fascino disarmante per convincere gli altri", ricorda un ex collega del Dipartimento di Stato, Wayne White, citato dal giornale. Entrava nell'ufficio con "un grande sorriso" e poi affidava il lavoro da fare.