Il Papa in Libano


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Viaggio nella 'terra della convivenza'

Sostegno e speranza per tutto il Medioriente. Intervista a don Vittorio Pozzo, oratorio salesiano di Houssun p

di Bianca Biancastri

Un viaggio difficile e coraggioso quello di Benedetto XVI nel Paese dei Cedri, in un Medioriente ancora lacerato, dopo la Primavera araba e con la profonda crisi siriana in atto. Il Pontefice non ha mai pensato di rinunciare a questa visita, decisa tre anni fa, prima del Sinodo per il Medioriente, nonostante l’acuirsi dei problemi, per dare sostegno ai cristiani nell’area e estendere il suo messaggio di dialogo a tutte le fedi e le confessioni. A Don Vittorio Pozzo, dell’oratorio salesiano di Houssun (Libano) Televideo ha chiesto che cosa rappresenta oggi il viaggio del Papa per i cristiani, soprattutto in questo momento di difficile crisi in Siria.

“Rappresenta un momento importante, soprattutto per confermarli nella loro fede, nella loro volontà di voler continuare a vivere in questa parte del mondo, in particolare in Libano, in sintonia con i musulmani. Ha un significato molto importante perché verrà poi consegnata la Esortazione apostolica dopo il sinodo che si è svolto due anni fa a Roma sui cristiani del Medioriente. E siccome il Libano è il paradigma dei cristiani del Medioriente, il Papa ha scelto di venirla a presentare proprio qui, dove c’è una consistenza cristiana notevole e dove i cristiani hanno un peso in tutti i settori della vita pubblica, contrariamente a quanto avviene in quasi tutti gli altri Paesi dell’area. Il Papa viene nel segno della pace, viene proprio come messaggero di pace, e proprio oggi su un giornale c’è una vignetta con il Papa che arriva su una colomba bianca con un ramo di olivo nel becco. E’ questo il simbolo di questo viaggio, però nessuno si aspetta dei miracoli, né per quanto riguarda la presenza cristiana, né tanto meno per quanto riguarda la soluzione dei problemi del Medioriente .Tuttavia, in questo momento di tensione, sentirsi dire una parola di conforto e di speranza ha un significato simbolico molto forte quindi i cristiani e non solo i cristiani , tutto il Libano è mobilitato per accogliere il Papa e fare in modo che questo viaggio sia un successo. Tutti i conflitti presenti nel Paese vengono messi in sordina almeno per una settimana.

I cristiani si aspettano questo dal Papa? Un messaggio di pace o che altro…
“Un messaggio di pace, di speranza, ma anche di coraggio, per così dire, perchè essere cristiani in Medioriente oggi esige anche un certo coraggio e siccome il Libano è il Paese nel quale i cristiani possono esprimersi liberamente saranno invitati senz’altro ad assumere meglio questa loro vocazione cristiana ed essere segni più visibili della loro fede e più significativi nei confronti anzitutto dei loro connazionali non cristiani, musulmani e poi anche di fronte agli altri Paesi limitrofi” . Il Papa farà appello affinchè i libanesi,in particolare i libanesi cristiani valorizzino le loro risorse interiori. La loro identità cristiana deve anche avere ripercussioni nella vita pubblica, sociale e nazionale”.

Come vivono i cristiani in Medioriente?
“In Libano, il Paese adesso forse paradossalmente più calmo, ci sono ovviamente molti contrasti, molti conflitti, non di natura religiosa ma di natura soprattutto politica, però qui politica e religione sono sempre un po’ legate perché il Libano è basato su un sistema confessionale quindi ovviamente ciascuno guarda sempre a che cosa fa l’altro, all’altra parte, perché ha paura sempre che acquisti più diritti di quelli che ha lui. Quindi c’è un equilibrio molto delicato, che va sempre mantenuto tra le 19 comunità riconosciute dalla Costituzione libanese, comunità cristiane, cattoliche ortodosse, le comunità islamiche e poi anche la ormai piccola comunità ebraica”.

Questo è un equilibrio che si potrebbe anche rompere in seguito all’effetto della crisi siriana?
“Senz’altro la crisi siriana ha delle ripercussioni perché il Libano è anche diviso sulla Siria. Non dico che c’è un 50% pro governo siriano e un 50% contro, ma c’è tutto un campo politico formato da musulmani e cristiani pro l’attuale regime siriano, come c’è un campo opposto, sempre formato da musulmani e da cristiani, che è a favore di un cambiamento. Quindi diciamo che quello che capita in Siria ha delle ripercussioni dirette sulla vita pubblica del Paese per non parlare poi della vita privata perché c’è una grandissima parte di libanesi che hanno dei parenti in Siria o, viceversa, dei siriani che hanno dei parenti in Libano. Sono sempre stati due Paesi molto legati”.

Rispetto a queste divisioni di cui lei parla il Papa ha un compito difficile in questo momento…
“Diciamo che non sono un profeta per dire in quale misura il Papa interverrà, senz’altro toccherà indirettamente il conflitto siriano e le eventuali ripercussioni di questo conflitto sulla situazione libanese o in generale sulla problema dei cristiani del Medioriente ma non posso dire in che modo. Tuttavia, da come stanno le cose, si sente questo influsso quotidianamente perché tutto quello che avviene in Libano oggi avviene un po’ alla luce e sotto l’influsso di quello che sta capitando in Siria, nel bene e nel male”.

I cristiani in Libano sono una minoranza solo numerica o anche politica…
“No, politica no, perché la Costituzione, dopo gli accordi di Ta’if dell’89, è per la parità e quindi anche se i cristiani numericamente sono un terzo o poco più di un terzo della popolazione libanese, sul piano politico rappresentano anche il 50% e sapendo che il Libano ha un valore esemplare per il Medioriente i musulmani libanesi hanno fatto per così dire questo sacrificio di accordare ai cristiani il 50% anche se numericamente non ce l’hanno. I cristiani hanno quindi il 50% dei deputati, il 50% dei ministri, il 50% dei posti nell’amministrazione pubblica per cui non sono discriminati. Soprattutto poi adesso che è in cantiere una nuova legge elettorale che dovrebbe, non dico favorire i cristiani, ma almeno fare giustizia per le ingiustizie subite nei decenni passati durante il dominio siriano, quando la Siria aveva imposto anche una legge elettorale nella quale i numeri erano salvi ma i cristiani non potevano eleggere i candidati che volevano. La nuova legge è in cantiere e le elezioni sono previste tra meno di un anno, nella primavera del 2013. C’è quindi una prospettiva positiva ma bisogna vedere concretamente su cosa i deputati libanesi si metteranno d’accordo.