Alcoa di Portovesme


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'Ormai si lavora per chiudere'

Intervista al segretario generale Cgil Sardegna, Enzo Costa. a

di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)

Si conclude solo a tarda sera la giornata forse più lunga per i lavoratori di Alcoa e per gli abitanti del Sulcis, giunti a Roma per l’atteso tavolo di confronto con il Ministero dello Sviluppo economico.

I risultati però non soddisfano i delegati sindacali. Il comunicato della Cgil emesso al termine dell’incontro è di forte critica al governo e agli Enti locali. L’intervista al segretario generale Cgil Sardegna, Enzo Costa.

Il vostro comunicato è molto duro, Costa. E’ andata così male?
Noi siamo rimasti perplessi per la posizione assunta da Ministero, Regione e Provincia che non è esattamente quello che avevamo richiesto. Noi avevamo chiesto il Ministero velocizzasse le trattative con i due soggetti industriali che hanno manifestato un interesse all’acquisto dello stabilmento di Portovesme. Due settimane sarebbero state sufficienti per capire se c’era la volontà di acquisto da parte di Glencore e Klesch e la volontà di vendita da parte di Alcoa. Finora il Ministero non ha mai messo allo stesso tavolo Alcoa e Glencore o Alcoa e Klesch. E invece l’unica cosa che ci è stata presentata è un piano di fermata degli impianti. Noi avevamo chiesto di mantenere gli impianti in funzione per altre due settimane, non di più, e avevamo offerto in cambio una tregua sociale, facendocene garanti. E invece la risposta arrivata è che la dismissione delle produzioni va avanti, sarà leggermente più lenta del previsto, ma va avanti. Il Ministero si è soltanto impegnato a coinvolgere Glencore e Klesch per approfondire gli aspetti dei negoziati, mettendo però sul piatto un piano di sviluppo per il Sulcis. Ora, il Sulcis è un territorio fortemente disastrato, che già oggi con le aziende non ancora chiuse, perché anche l’Euroallumina è ferma con i lavoratori in cassa integrazione, che non sono classificati come disoccupati, ha tassi di disoccupazione del 24% e del 50% tra i giovani. Un piano di sviluppo per il Sulcis deve essere aggiuntivo rispetto a quello che già c’è, altrimenti non ha senso se, contemporaneamente al piano di sviluppo, viene chiusa tutta la filiera di alluminio. In questo modo si peggiorano le condizioni del territorio.

Però Costa non è che il Ministero può entrare fattivamente in trattative che sono comunque di natura privatistica, che riguardano l’autonomia negoziale di soggetti privati.
Guardi siamo in una fattispecie strana. Siamo in presenza di una multinazionale che ha deciso di spostare alcune importanti produzioni europee che aveva in Spagna e in Italia appunto, a Portoscuso, in altre regioni del mondo. Tra l’altro ha aperto nuovi impianti in Arabia Saudita. Stiamo parlando di un monopolista del mercato della produzione dell’alluminio, di un soggetto che non è sicuramente felice di agevolare la concorrenza. Per cui, aspettarsi che Alcoa giochi un ruolo positivo nel favorire la cessione dei propri impianti a un’altra azienda concorrente è singolare. Almeno, nella mia storia sindacale non l’ho mai visto fare. Quindi cerca di temporeggiare.

Comunque, entro la fine di ottobre vi sarà lo spegnimento definitivo degli impianti. Come si è arrivati a questa data?
Con la mediazione fatta per rallentare lo spegnimento degli impianti. Inizialmente doveva avvenire entro settembre. Nei prossimi giorni ci sarà questa graduale dismissione, che non farà altro che accelerare il nervosismo in fabbrica. Lei si immagini di lavorare in un contesto che si sa già che chiude, in modo irrevocabile, come ha scritto Alcoa nel suo comunicato. Quindi, pensi, tu lavori per fermare, cancellare tutto il tuo presente e il tuo futuro. Siamo davvero in una situazione curiosa. Una multinazionale che decide di lasciare l’Italia ed è quella che detta i tempi al governo italiano. Se invece i lavoratori fanno una semplice proposta di mediazione si sentono rispondere che gli impegni sono impegni e che comunque si tratta di imprese private. Questo è un governo forte con i deboli e debole con i forti.

Quali saranno le vostre prossime iniziative?
La nostra vertenza è uno spaccato di quello che sta succedendo nel Paese. La desertificazione industriale sta coinvolgendo non solo la Sardegna ma varie altre aree dell’Italia. Abbiamo chiesto dunque di spostare la vertenza a Palazzo Chigi, perché servono impegni complessivi con l’Unione europea e una serie di precondizioni per ridare fiato a una vertenza che noi ancora non vogliamo considerare persa. Tra qualche ora c’è l’incontro tra il governo e sindacati con i segretari di Cgil, Cisl e Uil. A loro abbiamo chiesto, e per quanto mi riguarda come Cgil Susanna Camusso, ha risposto affermativamente, di presentare come primo punto al governo la vertenza Alcoa. La lotta proseguirà come sempre. Si riannodano i fili e si va avanti.