Venezia 69


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E’ STATO IL FIGLIO

E’ STATO IL FIGLIO

di Daniele Ciprì. Italia, Francia 2012 (Fandango)
con Toni Servillo, Giselda Volodi, Alfredo Castro, Fabrizio Falco, Aurora Quattrocchi, Benedetto Raneli.

Storia di maschere, caricaturali, grottesche, ma storia vera. Storia della Sicilia, ma storia di ogni provincia, di tanti anni fa, ma anche di oggi, di soldi che uccidono, di povertà e sopravvivenza, dell’ignoranza che soffoca buon senso e sentimenti.

Busu non ho niente da fare e nessuno con cui stare. Per questo si siede nell’ufficio postale, aspetta un turno che non gli interessa e racconta storie. “Lo sapete che una volta per un graffio alla macchina un ragazzo uccise il padre?”. Alla periferia di Palermo (ma il film è girato in Puglia) abitava la famiglia Ciraulo, il padre Nicola, la madre Loredana, il figlio nullafacente Tancredi e la piccola Serenella, nonna Rosa e nonno Fonzo. Sopravvivono. Nicola cerca di guadagnare qualcosa rivendendo il ferro che recupera sulle navi in disarmo, ma basta a malapena per mangiare. Può solo peggiorare, e peggiora. Serenella si trova per caso in mezzo a un regolamento di conti e muore colpita da un proiettile. Orrore, disperazione, Ma c’è quel vicino, Giacalone, che ha sempre una soluzione per tutto e che suggerisce di chiedere soldi al fondo statale per le vittime di mafia. I soldi ci sono, vengono concessi, 220 milioni di lire, una lotteria, ma non subito, arriveranno. Nel frattempo i Ciraulo spendono e si indebitano, così quando arrivano sono molti di meno. Che farne? Ognuno dice la sua, ma Nicola ha già deciso: compreranno una lussuosa automobile. L’atto finale della tragedia.

Tratto dal romanzo omonimo di Roberto Alajmo, “E’ stato il figlio” è “una storia che è un po’ uno specchio del mondo contemporaneo, ma che sembra anche una tragedia greca”, spiega lo stesso regista, che qui esordisce dietro la macchina da presa in solitaria, dopo il sodalizio con Maresco, e forte della sua esperienza come direttore della fotografia, soprattutto con Bellocchio per il quale ha firmato la fotografia di “Vincere” (David di Donatello) e di “Bella Addormentata”, in concorso qui alla Mostra. E si conferma uno straordinario selezionatore di caratteristi e di facce, perché oltre alla suggestiva costruzione fotografica mette nel film lo stile e le idee che già frequenta e maneggia dai tempi di Cinico Tv. Cosa che gli permette di raccontare una storia estremamente drammatica conservando uno sguardo ironico che, se da un lato non sarebbe giusto ridurre al solo grottesco, dall’altro però mantiene la narrazione su un registro “di testa” anche quando sarebbe utile la pancia. C’è anche da dire, com’era naturale aspettarsi, che senza la magnifica maschera di Servillo il film perderebbe molto. Un buon esordio, comunque, applaudito (senza esagerazioni) dalla stampa.