Venezia 69


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Pietà

di Sandro Calice

di Kim Ki-duk, Repubblica di Corea 2012 (Good Films)
con Cho Min-soo, Lee Jung-jin
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Che i buoni sentimenti siano l’unica cosa che possa salvarci dal capitalismo malato e dalla furia distruttiva del denaro è una speranzosa possibilità che Kim Ki-duk ci racconta, a modo suo.

Kang-do è un uomo violento e solitario che lavora per gli usurai. Il suo compito è recuperare i crediti e non si ferma davanti a nulla per farlo, minaccia, picchia, storpia, stupra, senza uccidere però, ché altrimenti l’investimento è perduto. Non prova pietà e nessun altro sentimento davanti alle persone alle quali rovina la vita. Fino a quando si presenta alla sua porta Mi-sun, sostenendo di essere la madre che l’ha abbandonato 30 anni prima. Lui la respinge, le fa violenza, la odia, ma poco alla volta cede, si fida, cambia. Troppe persone però lo odiano e qualcuno ora potrebbe far del male alla madre per colpire lui. Quando Kang-do lo capisce è tutto già successo. Ma la verità a volte sarebbe meglio non scoprirla.

“E’ un film sulle conseguenze del capitalismo estremo e sugli effetti che producono sulle relazioni umane che vengono trasfigurate in senso negativo”, ha spiegato il regista autore di “Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera”, “La samaritana”, Orso d’argento a Berlino 2004, e “Ferro 3”, Leone d’argento a Venezia 2004. “I miei personaggi – dice – sono l’interpretazione del mondo che vedo in questo momento, si muovono senza radici né memoria, il solo interesse che hanno è per il denaro”. Il titolo, poi, dice di averlo scelto dopo essere stato folgorato dalla Pietà di Michelangelo: ”L’abbraccio della Vergine Maria al proprio figlio, che mi sono portato dentro per tanti anni, era l’abbraccio all’umanità nella sofferenza, nella condivisione del dolore”. Proprio quell’abbraccio che nel film, metaforicamente, potrebbe avere il potere di sciogliere la crudeltà e l’insensibilità. “Pietà” è un film duro, cupo, sporco, che parla di solitudine, sofferenza, vendetta, morte dove il regista è bravo a mantenere la tensione nonostante un racconto apparentemente semplice. Kim Ki-duk, che alla proiezione per la stampa ha ricevuto un lungo applauso e che potrebbe portare a casa un premio, è molto amato dai cinefili e dai festival: questo film è soprattutto per loro.