Venezia 69


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Vince la 'Pietà' di Kim Ki-duk

Leone d'argento a 'The Master', premiati gli italiani Ciprì e Falco

di Sandro Calice

Il coreano Kim Ki-duk con il film 'Pietà' ha vinto il Leone d'oro della 69ma edizione della Mostra internazionale di Arte cinematografica di Venezia.

Il Leone d’argento è stato assegnato a Paul Thomas Anderson per “The Master”, mentre “Paradise: Faith” di Ulrich Seidl ha vinto il Premio speciale della Giuria.

La Coppa Volpi per la migliore interpretazione interpretazione maschile è andata a Philip Seymour Hoffman e Joaquin Phoenix per “The Master”, quella per la migliore interpretazione femminile a Hadas Yaron per “Fill the void”.

Fabrizio Falco ha vinto il Premio Marcello Mastroianni per il miglior attore emergente per le sue interpretazioni nei film "Bella addormentata" di Marco Bellocchio e “E’ stato il figlio” di Daniele Ciprì.

Premio per la migliore sceneggiatura a "Aprés mai" di Oliver Assayas. Daniele Ciprì ha vinto il Premio per il miglior contributo tecnico per la fotografia di “E’ stato il figlio” (di cui è anche regista) e di “Bella addormentata”. Il Leone del futuro Luigi De Laurentis per la migliore opera prima è andato al turco Ali Aydin per “Kuf”. La sezione Orizzonti, infine, è stata vinta dal cinese Wang Bing con “Three sisters”.  

Che film si sono visti. Uno dei più belli è passato fuori concorso, ed è “Disconnect”, storia cupa sulle perversioni della tecnologia diretto dall’americano Henry-Alex Rubin. Degni di nota anche il gangster movie intimista “The iceman” di Ariel Vromen, i due documentari musicali, “Bad 25” su Michael Jackson di Spike Lee e “Enzo Avitabile Music Life” di Jonathan Demme (imperdibili per i rispettivi fan, godibili per gli altri), la commedia colorata “Love is all you need” di Susanne Bier e la passione civile di Robert Redford in “The company you keep”. Nessun vero capolavoro, in realtà, né fuori né in concorso, dove Kim Ki-duk e Brillante Mendoza accontentano i critici e il pubblico dei festival, dove deludono grandi registi come Malick, Kitano e De Palma e dove il giudizio su Anderson resta tiepido. Interessante resta “Supestar” del francese Xavier Giannoli, storia tragicomica di un signor nessuno che diventa improvvisamente famoso.

Gli italiani. Il vero caso di questa edizione della Mostra è probabilmente “L’intervallo” di Leonardo Di Costanzo, presentato in concorso nella sezione Orizonti, piaciuto a pubblico e critica e che ha vinto numerosi premi, tra cui il Premio Francesco Pasinetti assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, il Premio Fipresci della Federazione Internazionale dei Critici Cinematografici, il Premio Lanterna Magica assegnato dalla giuria dei Cinecircoli Giovanili Socioculturali in collaborazione con il Comitato per la cinematografia dei ragazzi e il Premio FEDIC della Federazione Italiana dei Cineclub. E’ la storia di un ragazzo alla periferia di Napoli costretto dal capoclan della zona a fare da carceriere a una ragazza in un enorme edificio abbandonato, e di come quel tempo insieme influenza le loro vite. Complessivamente il cinema italiano non ne esce male, compresa la buona prova di Bellocchio e Ciprì, accomunati anche dalla presenza di Toni Servillo e del premiato Fabrizio Falco come protagonisti dei loro film. Da non dimenticare, il documentario di Daniele Vicari “La nave dolce” sull’esodo di albanesi del 1991. In generale, quasi tutti, e non solo gli italiani, hanno fatto i conti con l’attualità, con la precarietà dei giovani (pensiamo alla Comencini di “Un giorno speciale”, ma anche alla periferia degradata di Cagliari in “Bellas mariposas” o alla provincia operaia di “Acciaio”), con la povertà (Ki-duk e Mendoza, ma anche il maestro de Oliveira fuori concorso con “O gebo e a sombra”), con l’invasività e la violenza dei media, vecchi e nuovi (Reford, Giannoli e Rubin).

Due conseguenze della linea editoriale del neo direttore Alberto Barbera alla fine non è detto siano un dato negativo. La scelta di un programma più snello, innanzitutto, ha consentito di apprezzare anche le “piccole” opere che spesso passano inosservate, mentre se la mancanza di vip ha deluso le aspettative del pubblico (gli apici del red carpet sono stati le divette di “Spring Breakers”, Zac Efron, Pierce Brosnan e Robert Redford) è anche vero che ha ridotto la quantità di inutile gossip che spesso ha accompagnato la rassegna negli ultimi anni. Per quanto riguarda gli incontri con la stampa, infine, restano nella memoria il premio Bresson a Ken Loach, con una ressa di giornalisti e fotografi mai vista nel resto della Mostra, e l’antidivo Joaquin Phoenix che risponde poco alle domande e si accende una sigaretta.