Venezia 69


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Redford, thriller e passione politica

In concorso ‘Thy womb’ e ‘La cinquième saison’

di Sandro Calice

La star della giornata è Robert Redford, per la prima volta nella sua vita a Venezia per presentare fuori concorso “The company you keep”, ma in mattinata la scena gli è stata rubata dal Presidente della Repubblica, Napolitano, venuto a fare un saluto alla Mostra. “Sosteniamo il cinema italiano – ha detto il capo dello Stato – sono qui per questo”. A chi gli chiedeva quali sono i suoi film preferiti, ha risposto che ama i film di Rosi (Leone d’oro alla carriera a Venezia 69) e in particolare “Salvatore Giuliano”, “Il caso Mattei” e “Uomini contro”. Napolitano si è poi intrattenuto a pranzo con il presidente della Biennale Baratta, con il direttore della Mostra Barbera, col maestro Ermanno Olmi e con i giurati Matteo Garrone, Isabella Ferrari e Pierfrancesco Favino. E’ stato anche raggiunto da Robert Redford al quale ha fatto i complimenti per il Sundance Festival.

I due film in gara giovedì 6 settembre sono “Thy womb” del filippino Brillante Mendoza e “La cinquième saison” del belga Peter Brosens.

Venerdì 7 tocca all’ultimo film italiano in gara, “Un giorno speciale” di Francesca Comencini e con Filippo Scicchitano e Giulia Valentini, storia di due ragazzi che vogliono “sfondare”. L’attenzione però rischia di monopolizzarla il thriller erotico “Passion” di Brian De Palma, con Rachel McAdams e Noomi Rapace che promettono alte temperature. Fuori concorso, invece, c’è “Forgotten” di Alex Schmidt.

THE COMPANY YOU KEEP
di Robert Redford, Usa 2012 (01 Distribution)
con Robert Redford, Shia LaBeouf, Julie Christie, Sam Elliott, Jackie Evancho, Brendan Gleeson, Terrence Howard, Stanley Tucci, Nick Nolte, Chris Cooper, Susan Sarandon.

Un classico. Redford, nel bene e nel male, fa un cinema noto, rassicurante, lineare, a suo modo impegnato, nel quale non sorprende ma nemmeno delude.

Jim Grant fa l’avvocato ad Albany (New York), si occupa di diritti civili, è vedovo e ha una figlia di 11 anni. Una vita normale, finché l’Fbi arresta Sharon Solarz, membro di Weather Underground, un gruppo di attivisti radicali che 30 anni prima, ai tempi della contestazione contro la guerra in Vietnam, era arrivato a compiere atti di terrorismo uccidendo anche una persona. Nessuno fu mai catturato e la storia attira l’interesse di Ben Shepard, un ambizioso cronista locale che non ci mette molto ad arrivare a Grant. Da quel momento l’avvocato sa che ha pochissimo tempo per salvare sua figlia e la sua vita: col cronista e l’Fbi alle costole, attraversa tutti gli Stati Uniti alla ricerca dell’unica persona in grado di tirarlo fuori da quella situazione, sempre che sia ancora viva e che voglia aiutarlo.

“The company you keep”, tratto da un romanzo di Neil Gordon, è un thriller sulle conseguenze degli “errori” di gioventù, sugli ideali, ma anche, come dice il regista “su cosa è disposto a fare un uomo per l’amore dei suoi figli”. Un film che parlando di diritti civili e di protesta giovanile, di sogni infranti e di voglia di cambiare il mondo, porta Redford a parlare di attualità: “Come dice Julie Christie nel film – riflette Redford – i super ricchi, i padroni di Wall Street stanno benone, se la caveranno sempre, mentre il resto del Paese sta male: un meccanismo che non cambierà mai. Abbiamo lasciato ai giovani un mondo che sta marcendo, ho fiducia che almeno loro faranno meglio". Il film è anche una critica a certi modi “aggressivi” di fare giornalismo, quelli che non tengono conto delle conseguenze per le vite delle persone, anche quando si agisce a fin di bene, per scoprire la verità. Ed è chiaro che Redford ci mette dentro se non la sua biografia, tutta la sua passione politica e civile. Un cast di grandi “vecchietti” completa il quadro per un thriller che regge bene le due ore di durata.



LA CINQUIÈME SAISON
di Peter Brosens, Jessica Woodworth. Belgio, Paesi Bassi, Francia (Films Boutique)
con Aurélia Poirier, Django Schrevens, Sam Louwyck, Gill Vancompernolle
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Il Belgio ogni tanto sorprende. Nel 2010 il surreale “Kill me please” vinse meritatamente il Festival del cinema di Roma. Ora qui in concorso passa questo “La cinquième saison”, che passeggia pericolosamente in bilico su quel filo che divide il grande film dalla dimenticabile sciocchezza.

In un villaggio nel cuore delle Ardenne la natura ha qualcosa che non va. In inverno, mentre gli adolescenti Alice e Thomas si innamorano, il falò che dovrebbe celebrare la fine del gelo non si accende, nefasto presagio. In primavera cominciano a morire le api, i semi si rifiutano di dare frutti e gli animali diventano sterili. Con l’estate arriva la paura, la la violenza, la follia. Qualcuno muore, qualcuno lucra, un’altra si vende, uno passa e fugge. Quando arriva l’autunno anche il sentimento di umanità è sparito.

Brosens e Woodworth considerano questo film la chiusura della trilogia cominciata con “Khadak”, girato in Mongolia e Leone del Futuro a Venezia 2006, e proseguita con “Altiplano”, girato in Perù e presentato a Cannes 2009, una trilogia sul conflitto tra uomo e ambiente con dotti riferimenti di antropologia sociale. “La cinquième saison” è un film che si affida molto ai linguaggi del documentario e soprattutto della videoarte; che cambia spesso registro, dalla commedia al dramma, ai limiti dell’horror. Quello che non convince pienamente (e che addirittura in alcuni passaggi potrebbe irritare) è l’insistito gusto per il surreale dei due autori, la sensazione di essere spesso di fronte a videoinstallazioni piuttosto che a una narrazione, alcune forzature nei cambi di tono. Ma come abbiamo detto, potrebbe essere una sorpresa.