La produzione manifatturiera cinese si ferma a sorpresa, segnalando un peggioramento della seconda economia mondiale e aumentando la pressione sul premier Wen Jiabao prima del cambio di leadership nel Partito comunista a fine anno.
L'indice dei direttori acquisti (Pmi) manifatturiero di agosto è sceso a 49,2 da 50,1 di luglio, attestandosi per la prima volta in nove mesi sotto la soglia di 50 che era il livello previsto in media dagli economisti e che divide l'espansione dalla contrazione dell'attivita'. Una contrazione inattesa che pesa fortemente sulle prospettive di crescita, data l'importanza del settore manifatturiero in Cina, e che ha spinto molti economisti a rivedere il peggio le loro stime sul Pil cinese del 2012.
Con l'appuntamento politico di fine anno in vista, per Pechino sale la pressione a muoversi, allentando la leva fiscale, velocizzando gli investimenti infrastrutturali e, soprattutto, dando una spinta monetaria: la Banca popolare della Cina ha tagliato i tassi a giugno e luglio e da novembre sta abbassando i requisiti di riserva obbligatoria per le banche, una manovra ferma da maggio che ora potrebbe essere ripresa.
Pesa, sulla Cina, anche la disoccupazione record nell'Eurozona (alta anche negli Usa, all'8%), con un forte impatto sui consumi che minaccia l'export cinese. Ma ci sono anche fattori interni, a partire dagli utili in caduta libera, dai prestiti problematici delle banche fino alla bolla delle proprieta' immobiliari.
Intanto, lunedì, sono in arrivo i Pmi manifatturieri definitivi relativi all'Eurozona: i dati preliminari segnalavano un miglioramento. Ma l'indice a 45,3, ben sotto i 50 punti, assieme al Pmi dei servizi sceso ancora ad agosto a 47,5, sarà una doccia fredda e ricorderà all'Europa che gran parte del Vecchio Continente resta impantanato nella recessione.