di Sandro CaliceLA LEGGENDA DEL CACCIATORE DI VAMPIRI
di Timur Bekmambetov, Usa 2012. Horror, fantasy (20th Century Fox)
con Benjamin Walker, Dominic Cooper, Anthony Mackie, Mary Elizabeth Winstead, Rufus Sewell, Marton Csokas, Jimmi Simpson, Joseph Mawle, Robin McLeavy, Erin Wasson.
Ultimamente gli americani si sono divertiti (noi non tanto) a riscrivere in più salse la mitologia classica. Ora ci provano con quella moderna, legata a uno dei loro presidenti più famosi e amati.
Abraham Lincoln è solo un bambino quando sua madre muore per una malattia sconosciuta. Lui però sa la verità, ha visto: un mostro, un vampiro l’ha uccisa. Da quel momento Abraham ha nel cuore solo la vendetta, ha la rabbia, la forza, il talento, ma da solo non può farcela. Per questo Henry, un misterioso ed elegante cacciatore di vampiri, si offre di fargli da mentore. Gli insegna come scovare e uccidere gli abitanti della notte, spiegandogli che se intraprende quella strada non potrà mai più avere una vita normale. Per anni Abraham caccia e uccide i vampiri, che sono migliaia e vivono tra la gente come persone comuni. Poi la vita prende il suo corso, Abraham è destinato a diventare un condottiero. Ma i vampiri non dimenticano, e il ragazzo diventato presidente dovrà combattere la battaglia più importante, quella da cui dipendono le sorti di tutto il suo popolo.
“La leggenda del cacciatore di vampiri” è tratta dal romanzo “Abraham Lincoln: Vampire Hunter” di Seth Grahame-Smith, già autore di “Orgoglio e pregiudizio e zombie” e co-sceneggiatore di “Dark Shadows”, l’ultimo film di Tim Burton. Quando Burton si è innamorato del romanzo ha voluto che fosse lo stesso Grahame-Smith a scrivere l’adattamento per il cinema e che a dirigerlo fosse Timur Bekmambetov (“I guardiani della notte”, “Wanted”). Cosa funziona in questo film. L’idea innanzitutto, che per quanto strampalata possa sembrare regge alla prova del racconto, cerca di rispettare almeno le principali verità storiche e regala una versione originale della figura del vampiro. Le scene d’azione poi (non tutte e soprattutto quella dei cavalli), tipiche di Bekmambetov, con combattimenti alla Matrix e bei movimenti di cinepresa. La fotografia, sporca e luminosa al punto giusto. Cosa non va. La sceneggiatura, paradossalmente visto che è dello stesso autore del libro: ha più di qualche buco e compie accelerazioni inutili che finiscono per delineare i personaggi in maniera approssimativa. Qualche scena “epica”, poi, sembra fatta un po’ al risparmio. Ottimo invece (ed è un caso raro) il 3D e l’utilizzo consapevole che ne fa il regista. Nel deserto delle uscite estive, in definitiva, un film che può regalare qualche soddisfazione.