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Documenti, gestione fredda?

Finanza, la carta continua a essere la traccia più importante di tanti gesti quotidiani. Il libro 'Document Management' di Roberta Raimondi (Edizioni Franco Angeli). L'intervista all'autore

di Emanuela Gialli
(e.gialli@rai.it)

Prelievo in banca? Si firma un foglio e se ne prende una copia. Prelievo al bancomat? Dopo aver digitato il codice della carta e ritirato i soldi, si prende la scontrino. La carta continua a essere la traccia più importante di tanti gesti quotidiani, di tante parole dichiarate. Ma questo florilegio di documenti come viene gestito e da chi? I documenti personali finiscono nei nostri archivi di casa. Quelli ufficiali? Di questi argomenti, e dei problemi ad essi collegati, si occupa il libro “Document Management” (Edizioni Franco Angeli) di Roberta Raimondi, “Professor” di sistemi informativi presso la Scuola di Direzione Aziendale (SDA) dell’Università Bocconi di Milano.

Il “document management” sembra un argomento del tutto nuovo nel panorama di oggi, ma l’esigenza di attuare una corretta gestione documentale è sorta a seguito del processo di dematerializzazione degli atti intervenuto con l’avvento dell’informatica, intorno alla seconda metà degli anni ’90. Quindi è materia già conosciuta, giusto?
La Pubblica Amministrazione ha fatto uscire il primo Libro Bianco sulla dematerializzazione alla fine degli anni ’90. In pratica una decina di anni fa con il Libro Bianco si è cominciato a parlare del problema degli archivi e della semplificazione dei processi, della logica del flusso documentale elettronico nell’ambito dell’organizzazione amministrativa e della sostituzione dell’archivio cartaceo con l’archivio elettronico. Il “Codice dell’Amministrazione digitale” è invece uscito nel 2005. Anche perché i documenti della P.A. italiana sono protetti dal vincolo dei Beni culturali, quindi il passaggio dall’originale cartaceo all’originale elettronico doveva essere in qualche maniera regolato. Dunque, sì, la dematerializzazione è stata avviata negli anni ’90 ma nella PA si è dovuto attendere un po’ per i motivi che spiegavo. Nelle aziende private la prima introduzione del supporto non cartaceo è avvenuta negli Stati Uniti già nel 1928, con le cosiddette “fiches”.

Bisogna dire però che ciascuno di noi ogni giorno vive una sorta di contraddizione tra l’informatizzazione e ancora il supporto cartaceo che continua ad accompagnare tutti i nostri gesti quotidiani, dalle banche alla posta, agli sportelli degli uffici pubblici. La “carta” è destinata a scomparire secondo lei o no?
Non è pensabile che si arrivi alla scomparsa completa della carta. L’ufficio “paperless” tanto invocato negli anni ’90 non è realizzabile, per varie ragioni, non ultime quelle di natura culturale. La tecnologia che rende possibile il lavoro sui documenti elettronici va impiegata al meglio per semplificare processi poco efficienti, spesso irrigiditi da regole e prassi che nelle aziende si sono radicate ed hanno abituato le persone a lavorare in maniera poco razionale e non fluida. Su questo però c’è ancora da lavorare: devono essere ripensati i processi, ridisegnate alcune mansioni, svuotate alcune “sacche” di potere che si fondano proprio su meccanismi obsoleti legati alla difficoltà di “spostare” informazioni fissate sulla carta, che danno adito anche a monopoli di informazione, spesso usati proprio per giustificare una poca trasparenza nel lavoro delle organizzazioni. La carta rimarrà, con il tempo, come supporto adatto a fissare le informazioni soltanto quando necessaria ed opportuna.

Questo libro, dal contenuto molto tecnico, vuole mettere in evidenza che cosa esattamente, Prof.ssa Raimondi?
Consideri che il documento è soltanto una rappresentazione di competenze e processi organizzativi che poi si fissa, sulla carta o su un supporto elettronico questo è di secondaria importanza. Ecco perché bisogna tutelarlo e conservarlo. Quando il documento viene inserito in un ambiente informatico, si ragiona anche sull’interfaccia utente: se si vuole che sia molto interattiva si arriva a disegnare un’architettura dell’informazione che ruota intorno alle più diverse figure professionali: spesso si consultano anche psicologi. Poi ci sono gli archivisti, ma anche persone che preferiscono un approccio più sistemico, che provano cioè ad accogliere dentro modelli comportamentali una gestione di documenti veramente molto trasversale. E tra l’altro si possono creare dei conflitti tra le figure coinvolte. Bisogna avere un team, con una visione sistemica, non solo tecnica o giuridica o archivistica.

Il suo libro è un insieme di singoli esperti che studiano questo settore da qualche anno. E si parla anche di figure professionali, appunto, come diceva lei, e di convergenza..
A me piace la parola contaminazione, perché si tratta per ognuno di noi che ha delle competenze specialistiche, analitiche, di fare un passo indietro e uno avanti rispetto a interessi e competenze. Un documento viene visto da un archivista con la logica della conservazione, un informatico lo vede invece come un contenitore di dati che devono assolutamente entrare nel circolo del business aziendale.

A chi è destinato il suo libro?
Innanzitutto a chiunque in un'azienda intenda valutare gli ambiti di recupero di efficienza nei processi documentali e di valorizzazione della conoscenza utile per governare il business, sia che si trovi fissata dentro un documento cartaceo sia che si trovi libera e dinamicamente disponibile  anche nei social web. Nei quali i Sistemi Informativi tradizionali non sono abituati ad intervenire. Si profila perciò l’esigenza di collocare in azienda una nuova professionalità. Il libro quindi è un manuale di management delle informazioni e dei documenti ed è diretto a una nuova figura professionale, quella del “Document manager” o “architetto delle informazioni”, che per lo più arriva da ambienti informativi.

Cos’è la Document management Academy citata più volte nel libro? Agisce in ambito internazionale? No. Per il momento è un’iniziativa formativa della Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano destinata a chi deve dare valore alle informazioni indipendentemente dal supporto e dal formato. La Document Management Academy, di Sda Bocconi, fin dal 2008, ha contributo a sviluppare nel nostro Paese la cultura necessaria per governare progetti di semplificazione e dematerializzazione nei processi documentali, dando valore all’informazione. Attraverso programmi di attività formative e progettuali sono stati formati nelle prime quattro edizioni circa 60 Document Manager e Architetti dell’informazione per l’impresa. Oggi si chiama Document&Content Management Academy.

Quando si parla di gestione dei documenti si parla anche di gestione delle informazioni.
Il documento è un contenitore di dati: una parte comprende informazioni. E questa parte si potrebbe estrapolare e potrebbe entrare a far parte di un altro documento: una pagina di giornale o una pagina di Televideo, appunto. Quindi si tratta di una gestione dinamica, non statica.

Ecco perché il supporto informatico può aiutare.
Sì. Ed è qui che è importante la “ricerca”, l’individuazione cioè di “chiavi di ricerca”. Quindi è importante l’indicizzazione del documento.

La finanza è governata da un sistema di documenti cartacei o informatici?
Se con il termine Finanza si intendono le attività economiche e finanziarie delle imprese, queste già da tempo, almeno nelle più grandi, si ispirano a regolamenti di Corporate Governance. I processi di natura finanziaria sono ad alta intensità documentale quindi la compliance delle aziende è garantita anche dalla razionalizzazione dei flussi documentali elettronici. Se invece con il termine si intende la Finanza pubblica, al momento, in Italia ed in Europa, i Ministeri dell’Economia e delle Finanze, le Banche Centrali, gli enti territoriali principali stanno conducendo importanti progetti di dematerializzazione, intesi sia come sostituzione degli archivi cartacei con equivalenti elettronici, sia come introduzione dei flussi elettronici documentali nei loro processi, per esempio nei bilanci e nella contabilità. Infine anche i sistemi di pagamento e di gestione del credito sono ormai stati investiti da interventi di semplificazione e dematerializzazione, si veda ad esempio il progetto europeo SEPA (area unica dei pagamenti in euro) in cui i cittadini europei, le imprese e le pubbliche amministrazioni devono poter effettuare operazioni di pagamento elettronici in euro verso ciascun altro conto, potendo contare su sistemi armonizzati per quanto riguarda le caratteristiche degli strumenti, gli standard, le infrastrutture e i costi. Anche in questo caso tutto passa attraverso flussi regolati e fluidi di documenti elettronici.

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In una società che aspira a diventare sempre più "intelligente", non v’è dubbio che una attenta e corretta gestione documentale ha una grande rilevanza operativa e organizzativa. Decisamente aiuta sapere dove conservare, ricercare e consultare documenti e atti economici, politici, finanziari, aziendali. Pensare però che un documento possa generarne un altro semplicemente attraverso un trasferimento di sezioni di esso, potrebbe essere riduttivo. Perché un articolo di giornale può sì contenere dati estrapolati da documenti ufficiali, ma quei dati da soli non fanno l’articolo. Servono anche una mente ordinatrice e un progetto comunicativo, quello dell’autore e dell’editore. Insomma, serve l’idea, il pensiero dell’uomo. Sia pur con l’ausilio delle tecniche e delle macchine.