'Per mano di fronte all’oltre'


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La morte spiegata ai bambini

Un libro di Francesca Ronchetti, ed. la meridiana

La morte è un tabù. Parlarne è difficile. Lo è soprattutto in un clima culturale come il nostro, che nasconde la sofferenza e insegue il mito della bellezza e dell’invincibilità. È ancora più difficile immaginare di parlarne ai bambini. Eppure la morte, grazie a Francesca Ronchetti, autrice del libro “Per mano di fronte all’oltre” (ed. la meridiana), diventa dicibile anche a loro.

Il dolore rende muti. La stessa pedagogia è molto attrezzata a dire tutto su come arriva il fratellino o la sorellina che nasce, ma tace su dove va il nonno che muore. Eppure i bambini non vivono in un mondo protetto dal dolore e dal lutto. Sperimentano anche loro il distacco.

In questo libro, insolito e coraggioso, vengono illustrati alcuni modi con cui aiutare un bambino ad affrontare una perdita per trasformare anche un’esperienza di dolore e sofferenza in una occasione di crescita. Con la delicatezza del linguaggio e l’uso di racconti, si accompagnano i genitori, gli insegnanti, gli adulti in generale a parlarne con i bambini, a rispondere ai loro perché, anche quando i piccoli non sono ancora toccati dalla morte. Perché dire della morte significa preparare e capire la vita.


Da "Per mano di fronte all'oltre":

"...La mancata risposta alle domande dei bambini sulla morte e sulla nascita blocca lo sviluppo della loro curiosità. “Non bisogna aspettare che si verifichi una tragedia personale per iniziare a educare i propri figli all’elemento che tutti ci accomuna: la mortalità. La morte può essere metabolizzata solo se il linguaggio instaura una possibilità di simbolizzazione. La reazione emotiva dei bambini e le domande. Finché il bambino è ancora molto piccolo, il problema di come spiegare la morte non si pone, poiché egli ha ancora una capacità limitata di comprensione. Quando inizia a crescere però, arriva per tutti i genitori il momento di rispondere a certe domande giudicate “critiche”. La scoperta della morte è un passaggio evolutivo necessario e con questa definizione si dà una precisa connotazione pedagogica. L’esperienza della vita è un atto complesso, che coinvolge sensazioni ed emozioni, mettendo in contatto immagini e fantasie, aspirazioni e paure. In genere il bambino chiede spiegazioni sulla morte quando la famiglia o lui stesso ha perso una persona cara e di conseguenza desidera sapere dove è andata. La cosa peggiore che si possa fare in questi casi è non rispondere o farlo in maniera evasiva oppure con imbarazzo. I bambini sono sensibili sensori di disagio, ansia, contraddizioni e soprattutto di bugie. Se nessuno dei genitori dice chiaramente quello che sta accadendo, il bambino capisce comunque che qualcosa non va dai lunghi bisbigli dietro alle porte, dai discorsi a bassa voce, dal tono emotivo dei discorsi, dalle espressioni dei volti, dalle lacrime nascoste, dai cambiamenti della solita, ma sicura, vita quotidiana. “Qualcosa di strano deve esser pur successo” e ne rimarrà ugualmente afflitto. Meglio allora non far finta di niente o negare la situazione, ma trovare un modo semplice per spiegare il lutto da cui siamo stati toccati. Non si possono infatti evitare ai bambini tutti i dispiaceri e i dolori della vita, anzi “l’adulto è chiamato a porsi come elemento di mediazione tra il bambino e il dato di realtà...”