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Springsteen e la sua palla d’acciaio

Tre ore di concerto a Milano, Firenze e Trieste bruce_springsteen_296

di Maurizio Iorio

Arriva Bruce Springsteen, dopo i trionfi in terra spagnola. Tre date, il 7 allo stadio Meazza di Milano, il 10 al Franchi di Firenze e l’11 al Nereo Rocco di Trieste. Per Milano e Trieste sono disponibili ancora pochi biglietti, tutto esaurito Firenze, dove ovviamente è confluito tutto il sud Italia. La tranche europea del “Wrecking ball tour”, dal titolo dell’ultimo album del Boss, è partita da Siviglia il 13 maggio. Al grido di “indignados, estoy con vosotros”, Springsteen, al comando di quella infernale macchina da guerra che è la E Street Band, rinforzata da una nutrita schiera di musicisti (sul palco sono in 17), ha attaccato le consuete tre ore d’ordinanza di spettacolo. A 62 anni suonati, nel vero senso della parola, il Boss continua a profondere sul palco l’energia di un ventenne.

L'orgoglio e la rabbia
Sarà la rabbia, insieme all’orgoglio patrio, a dargli ancora la forza di suonare così a lungo, e con tanta veemenza. “Wrecking ball”, il nuovo album, è un feroce atto d’accusa nei confronti degli speculatori, di quanti hanno portato il suo paese alla deriva, di chi lo ha ridotto in miseria. Sono come quei mercanti che Gesù cacciò dal tempio, episodio che il Boss cita in “Rocky Ground”. Springsteen è rimasto l’unico cantore della working class americana, la voce che urla contro “i baroni ladri”, il difensore dei tanti, troppi “dropouts”, dei perdenti, le cui file si ingrossano giorno dopo giorno.

"Dobbiamo cavarcela da soli"
Che la forza della reazione stia nelle mani di Occupy Wall Street , dei giovani ribelli del nuovo millennio, Springsteen l’ha messo in conto: “We take care of our own”, “dobbiamo cavarcela da soli”, è il messaggio che arriva dal comandante alla sua armata Brancaleone. “Indignati, sono con voi”, ha urlato a Siviglia, perché al di qua dell’Oceano la storia non cambia. Solo i giovani “contro” possono mandare a casa questa banda di avidi speculatori. E nelle tre ore di spettacolo, tutto sangue sudore e lacrime, c’è ancora una volta l’essenza del rock, il suo distillato principale: l’innocenza.

L'innocenza del rock
E’ questo il tratto principale della carriera di un uomo che ha deciso di prendersi sulle spalle il peso di una nazione e portarla in salvo al di là del guado, dove c’è la Terra Promessa. Evocata in ogni concerto (“The promised land”) ma non ancora trovata. Gli show del Boss sono ormai leggendari. Nessuno riesce a trasmettere la stessa energia e a coinvolgere emotivamente il pubblico come fa lui. Tre ore di scaletta, dicevamo, una band strepitosa sul palco (a Milano hanno concesso una deroga per il volume massimo consentito), niente effetti speciali né fronzoli. E solo puro rock & roll. Versioni extra-large di classici come “Racing in the street” (11 minuti) e “Prove it all night”, (9 minuti, con l’intro di chitarra del ’78). Mancherà la figura più ingombrante, l’uomo che del Boss è stato il compagno di mille avventure, il valore aggiunto della band, il sassofonista Clarence Clemons, scomparso l’anno scorso, e sostituito dal nipote Jake. La “Wrecking ball”, la palla d’acciaio che abbatte i palazzi, arriva in Italia, e chissà che non riesca anche qui a scuotere le coscienze.