di Sandro CaliceMOLTO FORTE, INCREDIBILMENTE VICINO
di Stephen Daldry, Usa 2012, drammatico (Warner Bros.)
Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max von Sydow, Jeffrey Wright, Viola Davis, Paul Klementowicz, Julian Tepper, John Goodman, Zoe Caldwell, Stephen Henderson, Dennis Hearn, Hazelle Goodman, Marty Krzywonos, Carmen M. Herlihy, Ryka Dottavio, Jim Norton, Diane Cheng, Gregory Korostishevsky, Marco Verna.
E venne il giorno peggiore. Quello che qualsiasi ragione non riesce ad accettare, figurarsi quella di un bambino. “Molto forte, incredibilmente vicino” è il romanzo di Jonathan Safran Foer (“Ogni cosa è illuminata”) che, tra i primi, affonda le mani nel magma dolente della tragedia dell’11 settembre a New York. Il regista Stephen Daldry (“Billy Elliot”, “The Reader”, “The Hours”) prova a raccontarcelo per immagini.
“Non smettere di guardare”, dice sempre papà Thomas Schell, gioielliere tedesco che sognava di fare lo scienziato, al figlio Oskar; che vuol dire “cerca la bellezza del mondo, scoprine i segreti”, in un gioco di indovinelli ed esplorazioni inventati per insegnare a quel figlio speciale, più intelligente e curioso degli altri, ma difficile nei rapporti sociali, a non avere paura della vita. E Oskar gioca, guarda scopre, fino al giorno in cui lo fanno uscire prima da scuola, arriva a casa e il telefono squilla. Scatta la segreteria e lui resta paralizzato: all’altro capo del filo c’è il suo papà, intrappolato nel World Trade Center appena colpito da due aerei. E’ l’ultima volta che sentirà la sua voce. Un anno passa e Oskar trova tra le cose del padre una chiave e un nome, Black. Non ha dubbi, è un messaggio del padre, uno dei suoi giochi, dev’essere così! Troverà Black, scoprirà cosa apre la chiave, dovesse volerci una vita.
I fan del libro di Foer troveranno inevitabilmente molte cose che non vanno, ma un film è necessariamente un’altra cosa. “Molto forte, incredibilmente vicino” è un film costruito per la lacrima, in tutti i suoi eleganti dettagli. Potrà non soddisfare tutti, ma intanto raggiunge il suo scopo, che non era quello – arduo - di rendere la complessità emotiva del romanzo di Foer. Più del “messaggio” è importante il viaggio, la lotta per la sopravvivenza della sua anima che Oskar intraprende, con ostinazione e rabbia, con dolcezza e una determinazione quasi autistica. In una New York che diventa luogo misterioso e quasi esotico, a conoscere uomini e donne ognuno col proprio dolore, con uno zaino in spalla pieno di oggetti straordinari. E quando il gioco rischia di diventare “noioso”, ecco arrivare personaggi (su tutti il misterioso coinquilino della nonna di Oskar) che danno corpo alla storia. Daldry si conferma bravo a lavorare con i bambini e il piccolo Thomas Horn (a parte il grande von Sydow) è il migliore del cast. Se vi aspettate riflessioni sul senso della vita o sull’elaborazione collettiva della tragedia resterete perplessi. Ma se vi interessa quell’intrattenibile groppo alla gola che le storie di amori, perdite, sogni e speranze (anche in maniera abbastanza “furba”) sono capaci di farvi venire, questo è il film per voi.