Un giro d'affari pari a circa 800 milioni di euro l'anno, e una quota di mercato ferma al 15-16% nonostante un risparmio medio del 55% per i cittadini e il Servizio sanitario nazionale. I numeri dei farmaci generici in Italia e i fattori che a 11 anni dal debutto degli equivalenti nel nostro Paese ancora ne frenano il decollo, tanto che 3 cittadini su 4 ancora preferiscono i medicinali 'di marca', sono stati al centro di una lezione rivolta agli studenti universitari della Facoltà di farmacia della Statale a Milano.
'I farmaci generici-equivalenti e in generale a brevetto scaduto tra pregiudizi e resistenze. Appropriatezza d'uso e sostenibilità. Questo il tema del dibattito dedicato ai ragazzi dell'università degli Studi meneghina. "L'ingresso dei generici nel mercato farmaceutico mondiale è un fenomeno di grande interesse in termini economici e sociali", ha spiegato Alberto Donzelli, titolare del corso di Igiene e direttore Servizio educazione all'appropriatezza ed Ebm-Asl di Milano. Ma "in Italia ancora molti pregiudizi si oppongono a un loro impiego crescente: dubbi sull'efficacia, su un'effettiva bioequivalenza, sugli eccipienti, persino sulle quantità di principio attivo. Un'informazione scientifica indipendente ha il compito di risolvere questi punti controversi".
Oggi - evidenziano i promotori dell'evento - nel nostro Paese più della metà dei farmaci in commercio è fuori brevetto e nei prossimi anni lo sarà la quasi totalità delle molecole. Le conseguenze immediate saranno più scelta per i consumatori e abbattimento dei prezzi. La strada, però, è ancora lunga. Se infatti in Germania e in Inghilterra il 50-70% dei farmaci dispensati e' generico, in Italia lo e' solo il 12%, anche se questa percentuale sta crescendo di anno in anno.
"Il farmaco equivalente in Italia continua a non avere vita facile - ha ribadito Giorgio Foresti, amministratore delegato di Teva Italia e presidente di Assogenerici - Eppure offre le stesse garanzie di qualità, efficacia e sicurezza del prodotto originatore, perché i procedimenti adottati per la sua produzione devono rispettare i principi e le linee guida delle Norme di buona fabbricazione al pari dei farmaci cosiddetti di marca. La differenza fondamentale è il prezzo, inferiore fino al 20-60%. Nonostante questi evidenti vantaggi permangono dubbi e perplessita', che il decreto liberalizzazioni non ha contribuito a smorzare".
"I farmaci equivalenti sono copie dei farmaci originatori che, al contrario di quanto sostenuto da interessi di parte - ha precisato Michele Tringali, referente Programma regionale di valutazione tecnologie sanitarie presso la Direzione generale Sanita' della Regione Lombardia e responsabile Hta dell'Asl di Pavia - non presentano differenze rispetto all'originatore, non comportano alcun problema clinico, possono sostituire l'originatore in piena sicurezza per il paziente. Gli studi autorizzativi come l'esperienza clinica internazionale, quando non gravata da pregiudizi, dimostrano che gli equivalenti agiscono in modo identico ai rispettivi originatori in qualsiasi popolazione, compresi donne, bambini e anziani".
"Ovviamente - ha aggiunto Tringali - l'effetto può variare da individuo a individuo, così come può accadere per l'originatore: il medico adatta la terapia alle condizioni individuali per l'originatore come per l'equivalente. Perdura il mito che le condizioni patologiche (ad esempio alterazioni della capacita' metabolizzante epatica o renale) possano modificare l'effetto terapeutico degli equivalenti, ma cio' accade in modo identico per i farmaci originatori". Eppure, ricorda Teva, "quando si puo' scegliere tra un generico e un farmaco 'di marca', quasi 3 italiani su 4 optano ancora per quest'ultimo. Nulla a che vedere con gli Stati Uniti, dove la percentuale di preferenza per il generico è del 90%, o con la Gran Bretagna e la Germania dove arriva al 70%".
"Le associazioni di tutela dei consumatori sono schierate a favore dei farmaci equivalenti, a difesa della sostenibilita' del sistema sanitario e del reddito dei cittadini - ha osservato Piero Pacchioli, presidente Movimento consumatori-Comitato regionale lombardo - Con i farmaci di marca, oltretutto, i cittadini sono spesso chiamati a pagare di tasca propria la differenza con i prezzi di riferimento stabiliti dallo Stato. Per famiglie a basso reddito e con patologie multiple queste differenze comportano oneri ulteriori e gravosi".