di Bianca Biancastri
(b.biancastri@rai.it)
E’ il fallimento della leadership globale che non ha saputo trasformare in azione il sostegno ai movimenti di protesta che nei primi mesi del 2011 chiedevano giustizia, democrazia e diritti umani. La mancata azione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sui crimini contro l’umanità in Siria, uno dei principali acquirenti di armi dalla Russia, rende superfluo il suo ruolo di guardiano della pace. La denuncia è di Amnesty International che nel 50° rapporto rileva restrizioni alla libertà di espressione in almeno 91 Paesi e maltrattamenti e torture nei confronti dei manifestanti in 101 Paesi. L’organizzazione torna a chiedere con forza un Trattato globale sul commercio di armi che impedisca ai governanti di mettere i profitti prima dei diritti.
“Forse non dovrebbe sorprendere che i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu siano anche i Paesi che più commerciano in armi convenzionali”, avendo totalizzato nel 2010 “almeno il 70% di tutte le maggiori esportazioni di armi”, sottolinea Christine Weise, presidente di Amnesty Italia. Nel rapporto si registra come ogni anno muoiono 500mila persone per atti di violenza armata mentre il 60% dei casi di violazioni di diritti umani documentati è legato all’uso di armi di piccolo calibro.
Amnesty chiede alla Corte penale internazionale di indagare sui crimini contro l’umanità commessi in Siria dove dal marzo 2011 all’aprile 2012 i morti sono almeno 9.200, mentre sono 300 i casi di torture mortali. E denuncia anche la situazione in Libia dove continuano torture e attacchi alle minoranze etniche, accusate di aver collaborato con il regime di Gheddafi e dove 8.500 detenuti sono senza processo .Ciò che più preoccupa in Egitto è che oltre 12mila civili siano stati perseguiti dai militari, più che durante i 30 anni di governo di Mubarak. Le donne in particolare hanno pagato un duro prezzo. A marzo 2011, alcune giovani che stavano manifestando a piazza Tahrir sono state arrestate dalle forze di sicurezza e sono state poi sottoposte a “test di verginità” forzati e minacciate dai militari. E anche se questa pratica è stata a dicembre giudicata illegale da una Corte amministrativa egiziana, c’è ancora molta strada da fare per la promozione dei diritti delle donne fra i partiti politici che hanno ottenuto la maggioranza nelle elezioni parlamentari del Paese.Un uso eccessivo della forza nel controllo delle proteste è stato rilevato anche in Grecia, Spagna e Usa e in altri Paesi dove un movimento spontaneo rivendica soluzioni più eque per fronteggiare la crisi economica. In Cina, Russia, Iran, Paesi dell’ex Urss, le manifestazioni sono state represse con violenza e gli oppositori ridotti al silenzio.
Amnesty critica anche l'Italia: la gestione delle oltre 50mila persone giunte via mare dall'Africa ha determinato “violazioni dei diritti umani”. Le 1.500 vittime nel Mediterrano potevano essere evitate se “Italia e Unione Europea avessero messo in campo le forze necessarie ad assicurare la ricerca e il salvataggio in mare di persone a rischio di naufragio”. Una risposta umanitaria “avrebbe significato lasciare le frontiere aperte per dare rifugio alle persone in fuga, mentre l’Italia ha scelto di fronte a conflitti e transizioni di portata epocale, di puntare la propria politica pan-mediterranea sul contenimento dei flussi migratori”, denuncia Amnesty. Per chi ha raggiunto le nostre coste, poi, “le condizioni nei centri di accoglienza e detenzione non sono state conformi agli standard internazionali”. Amnesty chiede al governo italiano “l’annullamento degli accordi tecnici con Tripoli del 2007 e del 2009, che sono alla base dei respingimenti” . Quindi rinnova l’appello all’Italia perché inserisca nel codice penale il reato di tortura.
Tra i progressi, il rapporto di Amnesty segnala i passi avanti verso l’abolizione della pena di morte e gli sviluppi fondamentali verso la giustizia in Europa con l’arresto del generale serbo Ratko Mladic e del serbo-croato Goran Hadzic, sotto processo all’Aia per i crimini commessi nelle guerre degli anni Novanta nell’ex Iugoslavia. Spiragli di luce anche in Myanmar, dove il governo ha preso la storica decisione di liberare oltre 300 prigionieri politici e di consentire ad Aung San Suu Kyi di candidarsi alle elezioni, anche se nel Paese continuano le violazioni dei diritti umani.
“IL 2012 SIA UN ANNO DI AZIONE PER I DIRITTI UMANI”
C’è la possibilità che la Primavera araba sia veramente un’opportunità per i diritti umani. Ne è convinta Carlotta Sami, direttrice di Amnesty Italia, a patto di “mantenere alta l’attenzione, continuare a chiedere ai nostri governi, in particolare ad esempio al governo italiano,che tanta influenza ha avuto in passato e tanta deve continuare ad averne in Paesi quali l’Egitto, la Libia, la Tunisia, di essere presente, di entrare in relazione su un piano di trasparenza e di reale supporto nei confronti di questi Paesi”.
“Esiste una prospettiva per superare quello che definiamo il fallimento della leadership globale nel 2011, anno in cui i dirigenti politici hanno risposto alle proteste con brutalità o indifferenza. Noi, come Amnesty International, siamo sempre presenti in tutti i diversi Paesi dove ci sono delle fasi di accesa protesta o delle fasi di transizione perché ci sia una pressione costante sui governanti o su coloro che si presentano alle elezioni parlamentari perché assumano all’interno dei propri programmi i diritti umani e perché venga data la possibilità a persone che fanno parte dei movimenti di protesta di candidarsi alle elezioni. La seconda cosa che Amnesty fa è di fare forti pressioni affinchè i governi che hanno la possibilità di agire diplomaticamente spingano questi Paesi a formare una loro leadership. Ci vuole un forte impegno della comunità internazionale a favorire e supportare la formazione di queste leadership legittime”.La Siria. Come si può arginare la violenza e essere più incisivi…
“Sicuramente questo passa attraverso il ruolo delle Nazioni Unite che sono state deboli. Ci sono stati Paesi che hanno chiesto di rivedere il ruolo del Consiglio di Sicurezza, in particolare l’utilizzo del veto. Ci sono state richieste precise di evitare l’uso del veto quando ci si trova di fronte a crimini contro l’umanità, ed è il caso della Siria. Fondamentale è poi che ciò che accade in Siria venga portato davanti al Tribunale penale internazionale. Terza cosa è che ci sia una forte pressione nei confronti di Russia e Cina che continuano a porre un veto per mantenere aperti i propri canali di vendita delle armi. Il Trattato internazionale sulle armi è estremamente importante perché deve esserci una regola che vieti il passaggio di armi verso Paesi in cui vi siano violazioni dei diritti umani".
Le donne. La preoccupazione di Amnesty per i loro diritti…
“Le donne hanno un ruolo, lo abbiamo visto, sono protagoniste di queste lotte. Il rischio è che poi quando c’è il momento di transizione non venga riconosciuta la loro leadership e non riescano a far parte delle elezioni, delle liste di candidature. Serve a livello internazionale una fortissima pressione e una continua attenzione sul fatto che le donne sono una grande risorsa e non devono essere discriminate”.