Evasione fiscale


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L'operazione 'Dark Truck'

Fatturazione falsa per 120 mln di euro, evasione di 60 gdf_palermo_controllo_296

di Nello Rega
n.rega@rai.it

Il binomio evasione-mafia non è certamente sempre valido, ma molto spesso i “furbetti” si appoggiano e convivono con la criminalità organizzata. E’ l’esempio dell’ultima attività antievasione in ordine di tempo delle Fiamme Gialle di Palermo.

L’operazione si chiama “Dark Truck” e contiene tutti gli elementi “di scuola” per capire come l’esercito di chi non paga le tasse è sempre più agguerrito contro il fisco. “Le indagini, coordinate dal Dipartimento Mafia Economia della Procura di Palermo, durate diversi mesi, hanno messo in luce un sistema sempre più sofisticato per nascondere guadagni e non versare tasse e Iva. I primi passi dell’inchiesta sono stati mossi da alcune rilevazioni fatte sul territorio. Ci siamo accorti che grandi società di distribuzione italiane per trasportare i prodotti in Sicilia si rivolgevano a soggetti alquanto sospetti. Partendo da una società cooperativa di trasporti (la Biscione Trasporti Scarl) abbiamo individuato una rete di altre 6 cooperative che fungevano da scudo fiscale e contributivo a oltre 180 piccoli trasportatori, i cosiddetti padroncini”.

Il colonnello Stefano Cosimo De Braco, comandante del Nucleo di Polizia tributaria di Palermo, spiega nei dettagli i punti salienti dell’attività. “I padroncini, molti dei quali privi dei requisiti professionali e di onorabilità per l’iscrizione all’albo nazionale dell’autotrasporto, figuravano associati a queste cooperative, inquadrati come lavoratori dipendenti, ma in realtà operavano in piena autonomia. I loro compensi erano fatturati dalle cooperative, che poi versavano il dovuto in nero gli autotrasportatori. Questi riconoscevano come contropartita una sorta di quota associativa che oscillava tra i 100 e i 200 euro mensili. Gli stessi mezzi usati erano tutti intestati alle cooperative. Ai padroncini veniva data la busta paga che garantiva loro una regolarizzazione almeno formale della propria posizione nei confronti del fisco. La rete progettata da questo disegno criminoso era attiva in Sicilia, Calabria, Toscana, Abruzzo e Puglia. Un sistema molto sofisticato”.

Tutto questo ha significato per lo Stato non incassare Iva, imposte dirette, contributi di legge, per non parlare del mercato locale dell’autotrasporto “dopato” da prezzi ribassati e senza alcun controllo di qualità. “Abbiamo scoperto che le cooperative hanno illecitamente compensato oltre 16 milioni di debiti con l’erario e ha emesso, a partire dal 2005, fatture per operazioni inesistenti per circa 120 milioni di euro, producendo un profitto illecito di oltre 17 milioni di euro”. “Molti dei padroncini – aggiunge il tenente colonnello Andrea Mercatili (comandante del 1° Gruppo Tutela Entrate) - erano pregiudicati anche per reati quali associazione di stampo mafioso. Le cooperative erano un modo diverso e apparentemente lecito per garantire loro un lavoro che non avrebbero potuto altrimenti svolgere. Le cooperative, inoltre, fungevano da agenzie di lavoro interinali, ovviamente abusive. Nei fatti assumevano per conto di aziende ‘vicine’, e molto spesso contigue con la criminalità organizzata, lavoratori: facchini, contabili, addetti alla ristorazione, operai. Questi solo sulla carta dipendevano dalle cooperative. In realtà erano alle dipendenze delle aziende che, con questo sistema, non avevano oneri contributivi da pagare e, in cambio di fatturazioni (spesso gonfiate) scaricavano le spese come costi di gestione. Questo sistema ha prodotto l’introduzione nel mercato del lavoro di centinaia di lavoratori a un costo notevolmente inferiore a quello legale, con conseguente distorsione degli equilibri del mercato stesso e delle regole della concorrenza”.

Non sono mancate neanche le fatture false registrate dalle cooperative tra i costi dei esercizio per alcuni milioni di euro da distributori di carburanti compiacenti, vicini alla famiglia mafiosa “Graviano”. Un sistema al quale i magistrati contestano tutti i reati fiscali con l’aggiunta dell’aggravante di aver agevolato associazioni mafiose.

“Sei persone sono state indagate e nei loro confronti sono stati sequestrati beni per 62,7 milioni di euro, pari al danno complessivo dell’erario, oltre ai beni formalmente intestati alle cooperative”, afferma il capitano Emanuele Florio, capo sezione del 1°Gruppo Tutela Entrate del Nucleo di polizia tributaria di Palermo. Intanto, l’operazione continua. Le fiamme gialle stanno verificando i clienti delle cooperative che hanno utilizzato le fatture per operazioni inesistenti e hanno beneficiato del sistema fraudolento per abbattere i costi, nonché degli autotrasportatori che hanno occultato la propria attività imprenditoriale dietro lo schermo cooperativistico.

> IL VIDEO DELL'OPERAZIONE