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Parole sottovoce

I Cowboy Junkies dei fratelli Timmins, al quarto capitolo della 'Nomad series', la giovane Hannah Cohen all’esordio

di Maurizio Iorio

Cowboy Junkies
The Wilderness (Latent)

La band canadese dei fratelli Timmins (Margo, Michael e Peter) si è dedicata, da 18 mesi a questa parte, al progetto “The nomad series”, quattro volumi di musica minimalista e assai poco commerciale, una sorta di seconda scelta del venticinquennale repertorio del gruppo, ma comunque di grande spessore artistico. “The wilderness” è il quarto ed ultimo capitolo della serie, quello “selvaggio” e freddo. Ma non è assolutamente un album di ripiego, dato che i Cowboy Junkies si sono sempre mantenuti su un livello d’eccellenza, anche se, ascoltato un album, si può dire di averli ascoltati tutti. Perché la loro musica è particolarmente omogenea, molto “bluesy”, con la voce della bella Margo Timmins che sussurra sul riff chitarristico assai riconoscibile del fratello Michael. Le 10 tracce di “The Wilderness” sono degli inediti che spesso la band ha eseguito dal vivo, rimasti fuori da altri album, ma sarebbe un errore considerare queste canzoni “secondarie”. Basta ascoltare dei gioiellini come “Idle tales”, o “The confession of George E”, che potrebbero sembrare un incentivo alla narcolessia, ma che percorrono senza deragliare i binari classici del suono dei Junkies, soffuso, delicato, morbido, minimale. “The wilderness” è un album invernale, ma non freddo. Non a caso la traccia di chiusura si intitola, emblematicamente, “Fuck, I hate the cold”.


Hannah Cohen
Childbride (Bella Union)

Il cognome è altisonante, fa immediatamente pensare ad ascendenze inarrivabili, ma no, Hannah Cohen non ha nulla a che fare con il grande Leonard. E’ figlia invece di un oscuro musicista jazz e nipote di tale Bettie Rodgers, poeta amico di Dylan Thomas. Parentela antica, ma che evidentemente qualche traccia nel dna l’ha lasciata. La ragazza, venticinquenne, ha fatto la modella per grandi fotografi (tipo Terry Richardson) e poi la fotografa lei stessa (“Fotografias. Brasil”), prima di dedicarsi alla musica. Ricorda un po’ la storia della première dame Carla Bruni, che ha imbracciato la chitarra giusto per distrarsi dall’ozio. Ma dietro Hannah Cohen c’è un signor produttore come Thomas Bartlett, che suona il piano in tutti i brani e che si è circondato di collaboratori di prim’ordine. Che suonano il giusto, palpeggiando con tocco leggero gli strumenti, tanto che bisogna tendere l’orecchio per sentirli. “La sposa bambina” è un album minimalista, delicato, fragile al punto di spezzarsi, malinconico, ma assai romantico, e piacerà molto al pubblico femminile, che con le romanticherie ha più confidenza di quello maschile. “Carry Your under”, “The crying game” e Shadow” le piccole perle dell’album.