di Maurizio Iorio
maurizio.iorio@rai.itJack White
Blunderbuss (XL recordings)
Sono in molti a sostenere che Jack White, ex-leader dei pluriosannati White Stripes, duo familiare (lui Jack, voce e chitarra, lei, Meg, alla batteria) nato e cresciuto a Detroit, sia un genio. Genio è una parola che va riservata a pochi eletti, ma nella categoria dei coraggiosi Jack White si può tranquillamente inserirlo. Grazie, ad esempio, a quell’idea di affidare i suoni della sua mini-band a due soli strumenti, e farli suonare come se fossero un’orchestra. Dall’esordio dei White Stripes, ora sciolti, sono passati 11 anni e 6 album. White vive a Nashville, la culla del country, e lì ha inciso la sua prima opera solista, “Blunderbuss” (l’archibugio). Si è costruito uno studio a sua immagine e somiglianza, pieno di mirabilie analogiche vintage, e dalla sua tana è uscito solo ad operazione compiuta. La musica dei White Stripes è stata definita “punk-blues”, per quella del suo ex-leader sarebbe difficile trovare un aggettivo esaustivo. C’è sicuramente molto folk bianco, c’è molto rock acido, ci sono evidenti allusioni a Robert Plant ed agli Zeppelin degli inizi, c’è una spruzzata di jazz (“Take me with you when you go”), ci sono incursioni soul nei duetti con la cantante ghanese Ruby Amanfu (“Love interruption”), c’è ancora un bel po’ di acidume nei suoni, marchio di fabbrica di White, che anche con la voce a volte strimpella più che cantare. Ma il risultato complessivo, che sicuramente non piacerà ai nostalgici di Frank Sinatra o agli ammiratori di Michael Bublè, è che questo archibugio non spara a salve. Rufus Wainwright
Out Of The Game (Decca)
Talentuoso erede di un talentuoso padre (l’oscuro, ma eccelso folk-singer Loudon Wainwright III), Rufus Wainwright, 39 anni, gay dichiarato, nonostante abbia sfornato la piccola Catherine con la figlia di Leonard Cohen, Lorca, dopo aver metabolizzato la dura perdita della madre, ha tirato fuori le unghie per risalite la china della depressione post-mortem, ed ha pubblicato un raffinatissimo album pop, “Out of the game”. Il settimo, forse il migliore della sua ancor breve carriera. Da non sottovalutare neanche l’ascendenza materna: la madre era la cantante Kate McGarrigle (la metà delle Garrigle Sisters). La svolta qualitativa è dovuta probabilmente alla presenza di un produttore con i fiocchi come Mark Ronson (Amy Winehouse e Adele), che con tocchi raffinati e discreti è riuscito a confezionare un album in cui la canzone (quella con il ritornello) è l’assoluta protagonista. Non a caso Waiwright cita, come modelli di riferimento, i Beatles, i Bee Gees, Elton John, i Queen , addirittura Neil Young e Philip Glass. Per finire con Kurt Weill, che gli ha fatto apprezzare la Germania, dove conta di andare a vivere. Il ragazzo ha un gran senso della melodia, anche abbastanza retrò (non è un caso che abbia portato in scena una rivisitazione di un concerto di Judi Garland), ma in fondo i canoni della canzone classica quelli sono. Lui non lo dice, ma anche Burt Bacharach deve aver avuto il suo peso nel suo percorso formativo. Jack White e Rufus Wainwright hanno più o meno la stessa età, sono entrambi bravissimi, ma sono distanti fra di loro anni luce. Parlano la stessa lingua con linguaggi diversi.