di Nello Rega
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Più che un voto anticipato, sarà una vera e propria rivoluzione politica. Quello di domenica, infatti, per tutti gli analisti politici e per gli osservatori internazionali sarà un voto di svolta. La Grecia, dopo due anni di “osservazione speciale in terapia intensiva” da parte della cosiddetta Troika (Fondo monetario internazionale, Ue e Bce), dovrà decidere il proprio futuro politico. Il quadro che dovrebbe uscire dalle elezioni legislative di domenica conterrà quasi certamente un governo di coalizione forzata tra i due principali partiti (Nea Democratia e il socialista Pasok).
Antagonisti da sempre, le formazioni di centrodestra e socialista dovranno trovare un filo comune per continuare a tenere il Paese lontano dalla bancarotta e in ambito Ue. Secondo tutti gli ultimi sondaggi, le cui cifre per legge non possono essere diffuse a meno di 15 giorni dal voto, il risultato delle elezioni cambierà radicalmente lo scenario politico della Grecia: fine del bipartitismo e formazione di una nuova cultura politica. Per oltre quarant’anni il Pasok, creato da Andreas Papandreu, e Nea Democratia, fondato da Constantinos Karamanlis, si sono alternati al potere con risultati che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Economia distrutta, disoccupazione senza freni, inflazione alle stelle. Problemi, questi, che due anni fa hanno portato al primo memorandum della Troika: risolvere i problemi economici e tagliare drasticamente il debito. Il risultato è stato più che drammatico: chiusura di migliaia di piccole e medie aziende, licenziamenti, tagli agli stipendi e alle pensioni, suicidi di padri di famiglia rimasti disoccupati. Il drastico piano di risanamento varato dal Parlamento resta, comunque, sotto stretta osservazione. Tra qualche settimana Fmi, Ue e Bce sbarcheranno nuovamente ad Atene per decidere se, oltre ai tagli di 11,5 miliardi previsti per il periodo 2012-2014, ci sarà bisogno di altre drastiche riduzioni della spesa pubblica già per quest’anno. Intanto, la campagna elettorale è stata segnata da promesse e speranze per cercare di raccogliere il malcontento dei greci, che da mesi “presidiano” con proteste e manifestazioni la politica greca. Il leader del Pasok, Venizelos (nella foto a destra), che come ministro delle Finanze del governo Papademos ha sulle spalle il peso dell’attuazione delle rigidissime misure di austerity, ha promesso meno tasse e niente tagli alla spesa pubblica. Nelle sue proposte programmatiche per far uscire dalla crisi il Paese, Venizelos ha ribadito di volere la creazione di “una rete di protezione speciale in modo che nessun cittadino greco possa sentirsi solo e abbandonato nelle condizioni attuali”. Tra le altre proposte, anche un nuovo sistema fiscale “molto più semplice ed equo, con la riduzione dell’Iva e nessun taglio a stipendi e pensioni”.
Samaras (nella foto a sinistra), leader di Nea Democratia, ha invece puntato a intercettare il voto di protesta. A più riprese ha dichiarato di voler rinegoziare i termini del secondo pacchetto di salvataggio da 173 miliardi della Troika e di voler bloccare i 150 mila licenziamenti nel settore pubblico previsti per i prossimi tre anni. Braccia aperte all’integrazione europea ma anche critiche alle politiche della Ue, che Samaras ha dichiarato “anti-greche e anti-europeiste” perché incapaci di generare ritorni dai tagli fiscali. Gli altri storici partiti, dal comunista Kke alla sinistra radicale Syriza passando per l’estrema destra di Laos, hanno aspramente criticato le misure contro il sistema sociale e il lavoro.
Campagna elettorale e promesse a parte, i quasi 10 milioni di greci che domenica dovranno decidere (con sistema proporziale e premio di maggioranza) la composizione del nuovo Parlamento, si troveranno di fronte ad una scelta senza precedenti. Sono in tutto 32, infatti, i partiti, tra grandi, piccoli e minuscoli dai nomi a volte coloriti, che prenderanno parte alla competizione elettorale. Si va dal Movimento “Non posso pagare, non voglio pagare”, al partito dell’Azione “Dò via la terra, dò via i debiti, salvate le vite”, passando per il partito dei Pirati. Secondo i sondaggi, almeno 10 formazioni politiche potranno oltrepassare la soglia del 3% e conquistarsi una rappresentanza nell’Assemblea unicamerale ellenica che conta 300 deputati. Nea Democratia otterrebbe il 22,3% delle preferenze, pari a 110 seggi, il Pasok si fermerebbe al 17,8%, con 48 deputati. Al terzo posto il Partito nazionalista Greci indipendenti (contrario al piano di salvataggio economico concordato con i creditori internazionali) con il 9,9% delle preferenze. La stessa percentuale di voti andrebbe alla coalizione della sinistra radicale Syriza e al Kke.
E alla domanda su cosa davvero vorrebbero lunedì i greci, la risposta ha premiato la speranza di un governo di coalizione tra Nd e Pasok, con oltre il 50% del gradimento.