di Maurizio Righetti
Sono 113 i Paesi che hanno celebrato l’ottava Giornata Mondiale dell’Emofilia. Lo slogan scelto dalla World Federation of Hemophilia (WFH) è “Close the gap”. Anche in Italia, in rappresentanza di tutte le Associazioni locali, la Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) rende omaggio a questo importante appuntamento all’insegna di “100%CURE”, un obiettivo che viene perseguito con grande determinazione sia a livello internazionale che nazionale.
Favorire i pazienti ancora in condizioni di svantaggio
Nel mondo, dove soltanto il 25% dei malati emofilici ha accesso alle terapie, FedEmo è impegnata a promuovere iniziative in grado di rendere disponibili i farmaci per tutti coloro che ne hanno bisogno, favorendo così la cura di quel 75% di pazienti ancora in condizioni di svantaggio. In Italia, FedEmo si adopera per raggiungere una pari opportunità di accesso ai farmaci e ai trattamenti su tutto il territorio nazionale, ottimizzando le risorse ed eliminando gli sprechi.
Gabriele Calizzani: “L’Italia è un Paese molto generoso nella donazione di sangue”
Al centro della Giornata una tavola rotonda, svoltasi in Senato, sul tema “Close the Gap - Garantire pari opportunità di accesso ai trattamenti” con istituzioni, esperti clinici e rappresentanti del mondo accademico. “L’Italia è un Paese molto generoso nella donazione di sangue, molto competente sul piano scientifico e sempre in prima linea nell’ambito della ricerca – ha dichiarato il Presidente di FedEmo, Gabriele Calizzani -. Tuttavia, sebbene si sia complessivamente all’avanguardia, non in tutte le regioni esiste pari livello di qualità dei trattamenti e medesimo accesso ai farmaci per i pazienti emofilici. Per questo motivo FedEmo si è fatta promotrice presso la Commissione Salute della Conferenza Stato-Regioni, di un progetto finalizzato alla definizione dei requisiti minimi strutturali tecnologici ed organizzativi e di linee guida per l’accreditamento istituzionale dei Centri”.
Eccedenze ai Paesi in via di sviluppo
In Italia, la generosità dei donatori fa sì che il plasma raccolto e inviato al frazionamento industriale presenti una crescita costante, in termini quantitativi e qualitativi, così che, per alcuni farmaci emoderivati, non solo è stato raggiunto l’obiettivo importantissimo dell’autosufficienza nazionale, ma si sono venute anche a creare eccedenze di prodotti medicinali o prodotti intermedi derivati dal plasma nazionale, rispetto al fabbisogno del nostro Paese”. “Su questo fronte – ha proseguito Calizzani – siamo da tempo impegnati, in collaborazione con le associazioni dei donatori, nel promuovere l’utilizzo razionale ed etico delle eccedenze a favore dei malati che vivono nei paesi più svantaggiati. Proprio in questi giorni sta per essere siglato un accordo fra ministeri per offrire adeguate cure ai Paesi più bisognosi”.
L’impegno del ministro Renato Balduzzi
Proprio in occasione della Giornata Mondiale Emofilia, il Ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha annunciato l’emanazione di alcuni decreti che rappresentano un significativo passo in avanti verso la piena conformità del sistema plasma e plasmaderivati alla normativa europea.
Che cos’è l’emofilia
L’emofilia è una malattia rara di origine genetica che colpisce soprattutto i maschi. Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia è soggetto a numerose emorragie. Il processo di coagulazione del sangue comporta l’attivazione di numerose proteine del plasma in una sorta di reazione a catena. Due di queste proteine, prodotte nel fegato, il fattore VIII ed il fattore IX, sono carenti o presentano un difetto funzionale nelle persone affette da emofilia. A causa di questo deficit gli emofilici sono facilmente soggetti ad emorragie esterne ed interne, più o meno gravi.
Sono due i tipi di emofilia, A e B: la “A” è la forma più comune ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione; si registra in 1 caso ogni 10.000 maschi. La “B”, spesso definita malattia di Christmas - dal nome della famiglia nella quale è stata identificata per la prima volta - è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione. L’incidenza è di 1 caso ogni 30.000 maschi. L’emofilia A e l’emofilia B hanno sintomi praticamente identici e solo con gli esami di laboratorio, o conoscendo la storia familiare, il medico può differenziare i due tipi di patologia. In entrambi i casi, la gravità della malattia viene determinata in base alla complessità della carenza di attività del fattore coagulante. Si parla di emofilia grave quando la percentuale di attività del fattore coagulante è inferiore all’1%; di emofilia moderata quando la percentuale di attività è compresa tra 1 e 5%; di emofilia lieve quando la percentuale di attività è compresa tra 5 e 40%.
In Italia, secondo i dati forniti dal Registro Nazionale delle Malattie Emorragiche Congenite dell'Associazione Italiana dei Centri Emofilia, si registrano circa 8800 casi di MEC . Il 69,33% riguarda pazienti di sesso maschile; l’età media è di 38 anni; l’emofilia A rappresenta circa il 42% della popolazione complessiva; l’emofilia B rappresenta circa l’8% della popolazione complessiva; il 10% della popolazione ha più di 65 anni, in linea con una aumentata sopravvivenza oramai sovrapponibile a quella osservata nella popolazione generale.
Come si trasmette l’emofilia
I geni che codificano la sintesi dei fattori della coagulazione VIII e IX sono situati sul cromosoma X. Il cromosoma X, portatore del difetto di coagulazione che determina l’emofilia, viene identificato come “Xe”. Nelle donne portatrici di un cromosoma “Xe”, l’altro cromosoma X, non colpito, compenserà la produzione di fattore VIII o IX. Poiché non esistono geni per i fattori della coagulazione sul cromosoma Y, i maschi non possono beneficiare di tale compensazione e rappresentano quindi il maggior numero di persone colpite da questa patologia. Al contrario, è estremamente raro che una donna sia colpita da emofilia: perché ciò accada, il padre deve essere affetto da emofilia e la madre portatrice sana. Molte donne portatrici possono presentare livelli di fattore della coagulazione relativamente bassi e mostrare i segni di una emofilia “lieve”. Nelle famiglie in cui sono presenti casi di emofilia è possibile sottoporre le donne all’analisi del DNA, che si effettua a partire da un normale prelievo di sangue, per stabilire se siano portatrici. E’ anche possibile effettuare la diagnosi prenatale nelle gravidanze a rischio.
I sintomi
Tutte le persone subiscono danni minimi nel corso della loro vita quotidiana e nella maggior parte dei casi l’organismo è in grado di ripararli. Anche nelle persone emofiliche, nella maggior parte dei casi, piccole ferite o graffi non creano problemi. Ma le piccole lesioni delle pareti vasali a livello di articolazioni (emartri) e muscoli (ematomi) possono continuare a sanguinare, provocando emorragie. Queste emorragie talvolta sono “spontanee”, poiché è impossibile risalire alla causa che ha provocato il sanguinamento. E’ raro che i neonati presentino problemi, questo almeno fino a che non iniziano a stare seduti o a camminare, di solito attorno all’età di sei/nove mesi. Nei bambini con emofilia grave possono essere presenti ecchimosi (piccole emorragie sottocutanee) nelle parti del corpo in cui vengono sollevati o sorretti. I primi segnali di un’emorragia, che possono mettere in guardia i genitori, sono una tumefazione dolorosa o il rifiuto del bambino a muovere un braccio o una gamba. Poi, man mano che cresce, il bambino impara a riconoscere da solo un’emorragia, ma il timore di un’iniezione, di non poter andare a scuola o a giocare, o la paura di essere ricoverato in ospedale, spesso lo spinge a nascondere l’accaduto ai suoi genitori.
Le articolazioni più comunemente colpite sono il ginocchio, la caviglia (in particolare nei bambini), il gomito, la spalla e l’anca. I bambini sono più soggetti degli adulti agli episodi emorragici, ma il numero di emorragie è imprevedibile: un emofilico può andare incontro ad un’emorragia più volte alla settimana o poche volte l’anno. In assenza di un adeguato trattamento, emartri ripetuti a livello di una stessa articolazione provocano deformità e impotenza funzionale. Sono frequenti anche gli ematomi che, se non adeguatamente trattati, provocano danno muscolare.
La diagnosi
Per diagnosticare l’emofilia, il primo passo è costituito dall’analisi del sangue: viene così misurato un parametro, il tempo di tromboplastina parziale (PTT) che risulta più lungo del normale. La conferma e la tipizzazione dell’emofilia (se di tipo A o B, se grave, moderata o lieve) vengono poi valutate in base al dosaggio delle proteine plasmatiche carenti (il fattore VIII o il fattore IX), metodica ora abbastanza diffusa nei laboratori di molti ospedali del territorio nazionale.
La terapia
Il trattamento per l’emofilia consiste nella terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione del fattore mancante (fattore VIII nell’emofilia A, fattore IX nell’emofilia B). Si tratta di farmaci costituiti da molecole di grandi dimensioni che devono essere somministrate per iniezione endovenosa e che non possono essere assunte per via orale o con iniezioni sottocute. Il concentrato di fattore della coagulazione può essere di derivazione plasmatica, cioè ottenuto dal sangue delle donazioni volontarie, o di derivazione sintetica, ottenuto con tecniche di ingegneria genetica, il cosiddetto “fattore ricombinante”. La comparsa degli “inibitori” nel sangue dei riceventi è la complicazione principale della terapia sostitutiva: si tratta di anticorpi diretti contro il fattore VIII o IX che ne neutralizzano l’effetto e che possono rendere difficile la terapia.
Sono due i principali regimi terapeutici: la terapia ‘on demand’; la profilassi, iniezioni di concentrato del fattore mancante. In genere, le persone affette da forma grave necessitano di una terapia continua, mentre nelle forme lievi la terapia sostitutiva si effettua solo in seguito a traumi o in previsione di eventi (operazioni chirurgiche, estrazioni dentarie). Nell’emofilia A la somministrazione avviene tre volte alla settimana; due nell’emofilia B, per mantenere i fattori della coagulazione ad un valore sufficiente a prevenire le emorragie spontanee. E’ la terapia utilizzata per trattare i bambini affetti da emofilia grave. Grazie alla profilassi, i bambini e le loro famiglie possono condurre una vita normale.
La FedEmo
La Federazione delle Associazioni Emofilici (FedEmo) è una Onlus nata nel 1996, con sede a Roma. Riunisce 33 associazioni locali che, sul territorio italiano, tutelano i bisogni sociali e clinici di circa 8.800 persone affette da disturbi congeniti della coagulazione e delle loro famiglie. Dalla sua nascita, collabora con l’Associazione Italiana dei Centri Emofilia (A.I.C.E.) ed è membro della World Federation of Hemophilia (WFH) e dell’European Hemophilia Consortium (EHC). Dal 1 giugno 2011, FedEmo è componente della Consulta Tecnica Permanente per il Sistema Trasfusionale. Dal 2009 il Presidente di FedEmo è Gabriele Calizzani