di Rodolfo Fellini
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Il presidente uscente, l’ex marito della sua ultima sfidante, la figlia del fondatore dell’estrema destra e l’eterno candidato di un centro destinato a non emergere mai. Le elezioni presidenziali mostrano ancora una volta quanto sia difficile cambiare la politica francese, prigioniera di un bipolarismo perfetto senza via di uscita, e da tempo a corto di idee e di protagonisti nuovi. La Francia si prepara a votare in un clima di “déjà vu” che potrebbe lasciare molti elettori a casa o, al contrario, creare le premesse per qualche sorpresa in vista delle elezioni politiche, che arriveranno un mese dopo il ballottaggio delle presidenziali.
I sondaggi parlano per il primo turno di un testa a testa tra Nicolas Sarkozy, espresso da una destra che, pur senza averlo mai amato veramente, ha fatto quadrato intorno a lui, e François Hollande, segretario di lungo corso del partito socialista ed ex marito di Ségolène Royal, sconfitta nel 2007 al ballottaggio. Sarkozy ha evocato temi cari alla destra populista per sventare una possibile erosione di voti ad opera del Front National, lo storico partito xenofobo fondato da Jean-Marie Le Pen, ora “ereditato” dalla figlia Marine Le Pen. Hollande ha dovuto guardarsi dall’ex compagno di partito Jean-Luc Mélenchon, oggi leader di una sinistra radicale, inaspettatamente baciata dai pronostici della vigilia.
Il secondo turno si annuncia favorevole a François Hollande, cui i sondaggi assegnano in media una decina di punti di vantaggio sul presidente uscente. Il candidato della “sinistra di governo” non possiede un grande appeal: anche per questo, cinque anni fa, gli fu preferito l’ex moglie. Peraltro, prima delle primarie socialiste, il candidato naturale all’investitura sembrava essere l’ex direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, travolto poi da una serie di scandali a sfondo sessuale. A giocare in favore di Hollande sarebbe però il profondo scontento generale dopo il quinquennio di promesse non mantenute di Sarkozy all’Eliseo. Inoltre, lo “stile” del presidente è da tempo al centro di aspre critiche anche in seno al suo partito, tanto che il suo predecessore, Jacques Chirac, seguito da tre ex ministri del governo di centro-destra, si è schierato sin dal primo turno al fianco del rivale socialista.
Ancora una volta, non ci sarà alcun “election day”: le presidenziali avranno un secondo turno il 6 maggio, mentre il 10 e il 17 giugno sarà la volta delle elezioni politiche. Il quadruplo ricorso alle urne in un mese e mezzo dovrebbe comportare un calo nell’affluenza, e il sistema dei ballottaggi, aperti a chi ottiene più del 12,5% dei voti nei collegi uninominali, potrebbe penalizzare i partiti di Hollande e Sarkozy. Non è da escludere, dunque, che il presidente eletto possa iniziare il suo mandato indebolito o, peggio ancora, all’insegna di una scomoda “coabitazione” con un governo di segno opposto, come già accadde (ma a metà mandato) a Mitterrand e Chirac.