Dalì, artista e genio

A Roma una mostra fra persona e personaggio

di Federica Marino

E’ in corso a Roma, fino a luglio, la mostra che il Complesso del Vittoriano dedica a Salvador Dalì: finalmente una mostra, dopo le tante occasioni espositive viste altrove in passato e apparentemente pensate per la commercializzazione delle serigrafie dell’artista, dalle ceramiche alle stampe.

Qui no, perché parliamo di arte e di genio, quello bizzarro e strabordante di uno dei personaggi più singolari del ventesimo secolo. Come artista, Salvador Dalì è riuscito a uscire dai percorsi fissi dell’accademia senza mai dimenticare il proprio debito con gli artisti del passato. Come genio – nel senso di persona dotata di grande estro creativo e stravagante – egli ha saputo forgiarsi un’immagine all’insegna della follia, senza rinunciare alla lucidità dell’intento: comunicare, apparire, stupire, costringere il mondo a vederlo e, attraverso il personaggio-Dalì, opera d’arte esso stesso, a vedere la sua arte.

Prestigiosa la collaborazione con la Fundació Gala-Salvador Dalí, nata su iniziativa dell’artista e custode di moltissime opere e importanti documenti: da Figueres, città natale di Dalì e sede della Fondazione, sono arrivati centotre pezzi tra oli, acquarelli e disegni, oltre a circa cento fotografie, riviste, cataloghi, locandine e altro materiale. Altre opere arrivano dai musei Reina Sofia e Thyssen-Bornemisza di Madrid, da Rotterdam, dagli Stati Uniti: da qui si segnala l’interessante prestito dagli studios Disney, per i quali Dalì lavorò a un cartoon dal soggetto onirico.

Tre le sezioni di questa retrospettiva, la prima italiana da quasi sessant’anni, più una sezione introduttiva: è qui che si parte alla scoperta di Dalì uomo, attraverso le foto realizzate da Philippe Halsman e numerose installazioni video e sonore, entrando nell’universo daliniano nel modo globale e prepotente inaugurato proprio dall’artista, abile promotore della propria immagine e in questo precursore, negli anni Trenta, del concetto di cultura di massa poi esploso nella pop art di Andy Warhol.

Se la sezione centrale è quella del genio compiuto e conclamato, e mostra capolavori di tecnica e ispirazione a raccontare il mondo onirico che contraddistingue Dalì (con l’intero movimento surrealista), la prima e la terza sezione hanno un focus tutto italiano.

In apertura, opere che illustrano l’influenza – sempre apertamente riconosciuta – del Rinascimento e del Barocco italiano sull’artista, che a 17 anni si ritrae come Raffaello e non si fa scrupolo, nelle sue annotazioni giovanili, di dare il voto ai maestri del passato per poi, arrivato a 44 anni, immaginarsi maestro del ventesimo secolo: nei “50 segreti magici per dipingere”, scriverà: ““Ora dipingo, irresistibilmente, come Dalì, il che è già moltissimo, perché tra tutti i pittori contemporanei io sono colui che è maggiormente in grado di fare quel che vuole – e forse un giorno sarò considerato, senza essermelo prefisso, il Raffaello della mia epoca”.

La terza e ultima sezione è invece dedicata all’Italia contemporanea di Dalì, che nel nostro Paese soggiorna e opera, partecipando a una serie di iniziative e progetti: visita Bomarzo e i suoi mostri, conosce De Chirico, fa teatro con Visconti, immagina un film con la Magnani e uno – su Dalì! - diretto da Fellini. Disegna tre bottiglie per il liquore Rosso Antico e dipinge una Vespa, che chiama Dulcinea, mentre Don Chisciotte è protagonista di una serie di illustrazioni uscite sul Tempo. Il clou è una sorta di corteo funebre in cui, come un re del passato, attraversa la capitale dentro un cubo-bara portato da incappucciati da Semana Santa. Da quel “cubo metafisico” esce magicamente resuscitato al momento della conferenza stampa per una mostra, e sembra dire al mondo che la realtà è sogno da cui si entra ed esce continuamente. Il tramite è l’arte: canale, ma anche scopo e materia dell’opera, proprio come l’”oggetto inutile” disegnato per Alessi. E’ questa la sfida estrema: l’arte funzionale alla base del design viene irrisa in un oggetto tanto perfetto quanto privo di utilità: all’arte che rende bella l’inevitabile materia, Dalì contrappone l’arte assoluta, quella “sciolta” dalle esigenze della realtà e proiettata nel surreale, dove la materia non ha più cittadinanza.

Dalì. Un artista, un genio
Roma, Complesso del Vittoriano
Fino al 1° luglio 2012