di Bianca Biancastri
Perché un commediografo ateniese del V secolo avanti Cristo dovrebbe interessarci? E perché tutta questa fatica per tradurlo, piegati su un vocabolario di greco antico? Non è solo per il fascino della poesia e del teatro. Il guaio è che alcune delle commedie di Aristofane sono maledettamente attuali, come le Rane, che ci raccontano di un’Atene in decadenza, che ha perso i valori e le capacità democratici, dove la corruzione è un male quotidiano, o come Lisistrata, il primo testo della cultura occidentale che affronti il tema dell’emarginazione femminile. Aristofane parla di noi. E ci ricorda che l’attenzione alla parola classica è attenzione al nostro linguaggio, alla capacità di ragionamento, alla scoperta della propria identità per arrivare al dialogo. Al Premio Aristofaneo proposto dal Liceo Classico e Linguistico “Aristofane” di Roma, prova di eccellenza inserita nell’albo nazionale del Ministero dell’Istruzione e dell’Università, hanno partecipato anche quest’anno gli studenti dei licei classici di tutta Italia. E in occasione della premiazione dei vincitori si è svolta la III Giornata di studio su Aristofane con la partecipazione di specialisti, docenti e studenti, per chiedersi quale funzione possa rivestire oggi la cultura classica.
“E’ molto importante il percorso di oggi e l’attenzione alla parola classica perché oggi succede che c’è una perdita dell’importanza delle parole dovuta anche alla rapidità dell’utilizzo che certa tecnologia ci impone. Oggi alcune parole diventano sigle, i ch diventano k, e via dicendo. Un’indagine ci dice che i ragazzi degli anni ’70 componevano un tema usando in media 1.300-1.400 parole, qualche anno fa invece lo stesso campione di ragazzi ne usava 800-950. Se con le parole si pensa e si agisce, allora viene fuori un impoverimento della capacità di pensare e di agire”, afferma il prof. G. Lo Storto, vice direttore dell’Università Luiss Guido Carli, che ospita il convegno, aggiungendo che i dati della lettura di libri in Italia sono drammatici.
“Bisogna tener sempre presente lo stretto collegamento tra lettura, traduzione e scrittura. La lettura è la base per arricchire il proprio vocabolario e incontrare il pensiero degli altri. La scrittura è un altro esercizio importante. Ora si scrive di più grazie ai social network per comunicazioni immediate e forse ci si accontenta. Questo non vuol dire tuttavia costruire il proprio pensiero. La scrittura è una sorta di propaggine, di prolungamento del nostro pensiero”, dice la dott.ssa Palumbo, direttore generale degli Ordinamenti scolastici e dell’Autonomia del ministero dell’Istruzione e Università, rivolgendosi agli studenti. “All’Università incontrerete linguaggi specialistici e se non avete consolidato al liceo un uso rigoroso della lingua italiana è difficilissimo affrontare i primi anni, e questo è anche uno dei motivi dell’alta dispersione all’Università. La traduzione, terzo elemento importantissimo, vi obbliga a ‘vivisezionare’ il testo, vi costringe a capire la struttura profonda del testo, la sintassi, la punteggiatura, che a volte permette di intuire il significato di un determinato passo”.
“E’ necessario stringere legami tra scuola e università anche per indagare come mai nella filiera classica, nella scuola superiore, si è perso oltre il 4% di iscrizioni in 4 anni. Unico in Europa, questo modello che ha portato straordinari effetti culturali, rischia di diventare ininfluente e marginale. Bisogna ricostituire quel raccordo con l’Università che si è perso, per mettere in campo azioni comuni”, dice il preside del Liceo Aristofane, Claudio Silone.
“A che cosa può servire la cultura classica? Rispondo dicendo che l’avvenire è di chi saprà meglio usare il ragionamento in un futuro dominato dal software più che dall’hardware”, sottolinea il prof. Antonio Cocozza, Coordinatore Osservatorio sulla scuola dell’autonomia Luiss Guido Carli.
Il prof. Maurizio Sonnino della Sapienza di Roma ha guidato i presenti nella scoperta di un Aristofane perduto, quello di Michel’Angelo Giacomelli, che tra ‘600 e ‘700, unico tra i contemporanei, traduce quattro delle opere del commediografo greco, non accettato a quel tempo a causa del suo umorismo forte, a volte triviale, che si preferiva passare sotto silenzio. Un racconto affascinante quello dello studioso della Sapienza, a cui si deve il ritrovamento del manoscritto mai pubblicato del Giacomelli nella biblioteca di Toledo, in Spagna. Di un Aristofane che ritorna nel ’900 con una nuova attenzione al riso e al comico, è quello di cui ci racconta invece il prof. Giovanni Greco dell’Università La Sapienza. Sorprendente, inoltre, la Lisistrata messa in scena negli anni ’60 e ’70 da Tony Harrison, prima ambientata in Nigeria, e poi rivista per rappresentare la protesta pacifista di decine di migliaia di donne in Gran Bretagna negli anni ’80 intorno alla base di Common, a sud-ovest di Londra, che custodiva testate nucleari.