Medicina


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Si allunga la durata degli impianti cardiaci

Vantaggi per la salute. E la sanità pubblica risparmia 50 milioni all'anno p

di Maurizio Righetti

Uno dei problemi riscontrati dai portatori di impianti cardiaci è stato, in tempi ormai definibili primordiali, quello dell’affidabilità e durata delle batterie. Non più in discussione la qualità, sempre comunque affinata, anche l’altro elemento non dà preoccupazioni già da qualche decennio. Tuttavia una più lunga durata degli alimentatori, oltre ad essere un vantaggio in sé, allunga anche la vita degli apparecchi.

L'apparecchio può durare fino a 13 anni
Con i nuovi defibrillatori più longevi grazie a speciali batterie a lunga durata a base di biossido di manganese, si è passati da apparecchi che cominciano a dare i primi segni di scarica della batteria dopo quattro o cinque anni dall'impianto, a defibrillatori che continuano a funzionare a dovere per dieci o perfino tredici anni: lo dimostra il più ampio studio internazionale mai effettuato per valutare la durata dei defibrillatori, i cui risultati sono stati presentati durante il congresso dell'Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC), a Pisa. Lo studio Altitude, condotto su oltre 67000 pazienti negli Stati Uniti, ha valutato soggetti con defibrillatore nel "mondo reale", al di fuori di specifiche sperimentazioni cliniche; i risultati ottenuti, confermati dai dati provenienti dal Registro europeo Latitude di cui fanno parte 9000 pazienti europei e 2000 italiani, sono perciò particolarmente significativi e secondo gli esperti italiani in questo modo sarà possibile risparmiare oltre 50 milioni di euro ogni anno, evitando i complessi interventi di sostituzione dei defibrillatori che ogni anno in Italia interessano oltre 4000 pazienti.

Uno shock elettrico che salva la vita
Le alterazioni gravi del ritmo del cuore riguardano complessivamente 250.000 italiani, di cui 170.000 ad alto il rischio di fibrillazione ventricolare, un'accelerazione del battito tanto rapida e tumultuosa da provocare un arresto cardiaco che non lascia scampo alla vittima e che nel nostro Paese provoca ogni anno 60.000 decessi. Unica possibilità di salvezza, uno shock elettrico che “richiama all'ordine” il battito cardiaco facendolo tornare normale: per garantire la scossa salvavita ai pazienti più a rischio, ogni anno in Italia vengono impiantati oltre 20.000 defibrillatori. Vere e proprie “sentinelle”: quando il cuore va in tilt, un piccolo generatore situato nel torace fa partire un segnale per l'elettrodo posto nel cuore, che dà la scarica giusta per farlo tornare a battere. I defibrillatori attuali hanno deficit di funzionamento dopo quattro o cinque anni dall'impianto, rendendone necessaria la sostituzione con un intervento in Day Hospital che ogni anno riguarda circa 4000 pazienti. Con i nuovi dispositivi, più longevi, la sostituzione dello strumento potrebbe essere evitata nel 60 per cento dei casi: 2500 interventi in meno che consentirebbero di risparmiare oltre 50 milioni di euro. “La sostituzione di un defibrillatore è solo apparentemente banale, in realtà, soprattutto se non è la prima, comporta un rischio di infezione pari a circa il 6-9 per cento e una probabilità di danni all'elettrocatetere dell'1-2 per cento – spiegano Maria Grazia Bongiorni, Presidente Aiac e Roberto Verlato, direttore dell’Unità perativa di Cardiologia dell’ospedale di Camposampiero (Pd) -. In entrambi questi casi è poi necessario sostituire anche il catetere posto nel cuore, con un rischio di gravi complicanze e mortalità per i pazienti rispettivamente del 2 e dello 0.7 per cento. I nuovi defibrillatori, con una durata superiore a dieci anni, consentono di evitare ogni anno il 60 per cento degli interventi di sostituzione e questo permette di ridurre complicanze e costi, oltre a migliorare la qualità della vita dei pazienti che con la prospettiva di un minor numero di “revisioni” dello strumento lo accettano molto più volentieri”.

La durata dei dispositivi è cruciale anche per ammortizzare la spesa
La durata dei dispositivi impiantabili è cruciale, perché la spesa iniziale di 10-25 mila euro necessari per l'acquisto dello strumento viene ammortizzata proprio grazie alla lunga durata del defibrillatore. “Perciò, un device che rimanga in funzione per il doppio del tempo consente un dimezzamento dei costi oppure di trattare, alla stessa spesa attuale, il doppio dei pazienti – osserva Bongiorni - Proprio perché le risorse finanziarie sono sempre più limitate, l'appropriatezza e il rapporto costo-beneficio degli interventi devono essere tenuti in sempre maggiore considerazione, valutando non solo la riduzione della mortalità ma anche la qualità della vita del paziente. Se il malato deve sottoporsi a sostituzioni più frequenti del defibrillatore, la qualità della vita diminuisce e il “costo” complessivo dell'impianto è maggiore; con strumenti longevi si stima che l'inserimento dell'apparecchio possa perciò diventare ancora più conveniente non solo per le spese “crude”, ma anche per i risparmi conseguenti a una miglior qualità di vita dei malati”.

Pacemaker:  da aprile card “salvavita” per 80mila pazienti ogni anno
Durante il congresso dell'Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC) a Pisa, è stata anche presentata la nuova tessera del paziente che potrà essere messa a disposizione dei 55000 italiani a cui ogni anno viene impiantato un pacemaker e dei 21000 che ricevono un defibrillatore. Sembra un Bancomat ma non serve a ritirare contanti: contiene invece tutte le informazioni essenziali di chi porta un pacemaker o un defibrillatore. Costa un euro e a partire da aprile sarà a disposizione presso i centri di aritmologia che aderiranno all'iniziativa, per consentire un controllo più agevole e immediato dei portatori di strumenti impiantabili in uno qualsiasi dei centri aritmologici sparsi sul territorio.

Maria Grazia Bongiorni: “Si potranno gestire più facilmente e con maggiore precisione i pazienti”
“Il progetto della tessera del paziente - spiega Maria Grazia Bongiorni, presidente AIAC - consiste nello sviluppo di un software che consente di inviare via web al Registro Italiano Pacemaker e Defibrillatori i dati relativi agli impianti effettuati. Questo consentirà di standardizzare le procedure, che adesso vengono effettuate manualmente, migliorando la comunicazione fra i centri di elettrofisiologia e il Registro e permettendo analisi in tempo reale dei dati di tutti i pazienti. In questo modo si potrà dotare il paziente di una tessera, grande come una carta di credito, che costerà appena un euro: con la nuova card, che conterrà i dati tecnici dell'apparecchio impiantato e i dati anagrafici del paziente, sarà possibile avere la disponibilità immediata dei dati dei Registri a tutti i livelli, locale, regionale e nazionale, e si potranno gestire più facilmente e con maggiore precisione i pazienti, in uno qualsiasi dei centri di aritmologia italiani. Il paziente, in caso di sospetto malfunzionamento, potrà recarsi in uno dei numerosi centri aritmologici distribuiti sul territorio nazionale ed esibendo la tessera potrà ricevere più velocemente l'assistenza più adeguata; inoltre, la card servirà anche come tessera di riconoscimento da mostrare in caso ci si trovi in ambienti dove sono presenti metal detector. La fase pilota del progetto si è appena conclusa, grazie alla collaborazione di Massimo Zecchin e di tutto il consiglio direttivo AIAC, e in occasione del congresso sono state fornite le informazioni perché i centri possano aderire all'iniziativa e dotarsi delle tessere del paziente da erogare ai malati”.

Il censimento nazionale dei centri di aritmologia
A Pisa è stato anche presentato l'aggiornamento del Censimento Nazionale dei Centri di aritmologia, condotto da Aiac per monitorare le attività svolte, il personale dedicato all'aritmologia e l'evoluzione delle attrezzature e delle procedure eseguite nei vari Centri. Al censimento hanno aderito 303 strutture diffuse in maniera omogenea fra nord, centro e sud Italia, pari a circa il 70 per cento di tutti i centri aritmologici; trattandosi dei dati di attività dei centri a maggior volume, il censimento ha tuttavia consentito l’analisi della quasi totalità dell’attività aritmologica italiana. Il risultato è una fotografia precisa e aggiornata dell’aritmologia sul territorio nazionale. “In media in ogni centro lavorano 3 medici, 6 infermieri e 5 tecnici, commenta Bongiorni, Pochi i medici giovani: appena il 15 per cento ha meno di 35 anni, mentre il 55 per cento è over 45. Il 74 per cento delle strutture può contare su una sala operatoria dedicata, il 45 per cento lavora condividendo una sala con altre unità operative. Praticamente tutti eseguono impianti e controlli di pacemaker; il 75 per cento effettua studi elettrofisiologici, il 57 per cento esegue ablazioni di aritmie, il 19 per cento estrazioni di elettrocateteri e il 13 per cento ecografia intracardiaca. Il 65 per cento effettua il tilt test per la diagnostica non invasiva della sincope”. Eraldo Occhetta, coautore nell’analisi del censimento, precisa: “I dati del censimento sono stati pubblicati sul Giornale Italiano di Aritmologia, organo ufficiale dell’associazione, e sono stati inseriti anche sul sito web dell’Aiac, www.aiac.it in modo da poter essere costantemente aggiornati e verificati: il censimento sarà così sempre rispondente alla realtà e ci consentirà di valutare eventuali problemi ed affrontare decisioni strategiche mirate”. “L’iniziativa è stata molto apprezzata dalla Società Europea di Cardiologia ed è stata presentata al recente Summit Europeo come un’attività encomiabile, da prendere ad esempio in Europa, auspicandone una pubblicazione sulla rivista ufficiale internazionale della Società”, conclude Bongiorni.